Manù racconta le “sue” Coppe Italia
Da “Il Resto del Carlino” del 29/01/2023
La palestra nella piazza di Punta Marina è, da alcuni anni, il regno della sua “Academy”. E qui che Manù Benelli attende che le ragazze della serie C arrivino per l’allenamento. “E’ una palestra bella e luminosa. Ce la siamo un po’ personalizzata, facendo qualche lavoretto per renderla più accogliente. Ci stiamo bene, ci sentiamo un po’ a casa nostra. Lavorare con le giovani mi dà uno stimolo eccezionale, anche superiore a quello che provavo quando guidavo squadre di vertice”.
In questo week end si gioca a Bologna la finale di Coppa Italia e Manù sembrerebbe la persona giusta per parlare di questa competizione, che ha vinto 5 volte sulle 6 complessive conquistate dall’Olimpia (arrivò l’anno dopo la prima vittoria, quella del 1980, l’unica giocatasi a Ravenna nella palestra Morigia, che aprì la strada agli 11 scudetti consecutivi). Ma Manù ci sorprende: “In realtà – ammette la leggendaria capitana delle Imperatrici – i ricordi sono pochi, perché la Final Four, a quel tempo, si giocava a tarda primavera, dopo l’assegnazione dello scudetto. Noi arrivavamo svuotate di energie, completamente cotte, con la previsione di partire di lì a poco per la Nazionale. Giocavamo di inerzia e qualche volta, comunque, siamo riuscite a vincere. Ricordo l’edizione del 1988 che arrivò dopo Coppa dei Campioni e Scudetto. Cercammo la tripletta, ma non riuscimmo a farcela (vinse il Bari nella finale giocata in casa, ndr). Penso che se, anche a quel tempo, la Coppa si fosse assegnata in inverno come si fa adesso, avremmo potuto vincerne anche di più, arrivandoci con le motivazioni al massimo e non scariche per aver appena centrato il traguardo di uno scudetto”.
“Però – aggiunge Manù – mi stimolava il meccanismo della Final Four di due giorni. Era interessante vedere come fossero organizzate le altre squadre anche fuori dal campo, la loro disciplina, le loro regole, le abitudini. E poi penso che per il pubblico sia molto piacevole”.
Segui ancora il volley? “Sono chiamata spesso in giro per vari impegni, soprattutto in Lombardia, comprese le presentazioni del mio libro (“Fuori dal Corpo”, una accurata raccolta di racconti personali, sportivi e non, ndr). Non riesco mai a seguire dal vivo il nostro Mosaico di B1, su cui comunque coach Focchi mi ragguaglia puntualmente. L’alto livello lo seguo soprattutto in TV e grazie alle molte persone che conosco ancora nell’ambiente. Domenica comunque a Bologna ci sarò”.
Le ragazzine in campo reclamano la loro guida e Manù le raggiunge. Chiediamo: “Ma ve l’hanno raccontato chi è stata e cos’ha vinto la vostra allenatrice con le sue grandi compagne?”. Gli sguardi perplessi (“Sì, qualcosa sappiamo…”) ci lasciano convinti che la più straordinaria storia sportiva della nostra città meriti di essere tramandata con più “grinta”. Un museo del volley con cimeli, maglie, foto, ritagli di giornale, audiovisivi, è forse qualcosa che Ravenna meriterebbe di inserire fra le sue mille bellezze. Qualcuno ci sta già pensando.
Marco Ortolani