Stavolta per lui solo elettori tristi
STAVOLTA PER LUI SOLO ELETTORI TRISTI
Ricordo il 1994, quando Berlusconi si presentò per la prima volta alle elezioni. L’Italia politica si era sfaldata sotto gli scandali di Mani Pulite, che avevano rivelato come i partiti (quasi tutti) traessero sostentamento da ruberie e attività illecite.
Berlusconi incarnava il nuovo. Un imprenditore spregiudicato, un editore rivoluzionario. Che aveva dato la TV del mattino alla solitudine dei pensionati. Che aveva sdoganato un certo concetto dibellezza femminile (le donnine di Drive In, le ragazzine di Non E’ La Rai) ormai troppo stretto dentro le imbragature cattoliche e socialcomuniste del passato; che usava un linguaggio diretto, liberatorio e spesso triviale che si propagava dalle sue TV contagiando ed entusiasmando gli italiani. Che promosse l’ostentazione gioiosa del denaro che si possiede e di quello che si sogna di guadagnare (o di vincere o di “rimediare”). Che offrì spazio televisivo nuovo per l’informazione (con la fine dell’imposizione pluridecennale del pensiero unico democristiano), l’intrattenimento, l’approfondimento. Che ispirò la depenalizzazione “morale” di debolezze personali (la bassezza, la slealtà, la menzogna, la volgarità) e legali (certi reati considerati carburante necessario per spingere lo sviluppo, come l’evasione fiscale, la collusione con le mafie e il falso in bilancio). Che parteggiò per l’abbandono di certi miti della Prima Repubblica, come l’unità nazionale (la Lega era fra gli alleati), il divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista (l’altro alleato, Fini, chiudeva le adunate di partito con il saluto romano), il primato del parlamento, la morigeratezza dei comportamenti individuali degli uomini di potere, l’eredità storica della Resistenza, la fiducia nella giustizia e nella magistratura…
E che propagandò l’esaltazione della cultura popolare (il calcio, le canzonette, la comicità, la moda) come sola ambizione legittima per i lavoratori (mentre cattolici e socialcomunisti proponevano elaborazioni stancanti, “modello Corazzata Potemkin”, impegno civile, studio, partecipazione, severe regole morali e altra roba difficile da conciliare con gli appetitosi lustrini del moderno ultraliberalismo…).
Molti sapevano che si trattava di un corsaro, di un colluso con la mafia, di un uomo spregevole e divorato dall’ambizione personale e dalla vanità. Ma tanti, in buona fede, si fecero sedurre dal suo messaggio. Respirarono un’aria nuova. Misero quella croce sul simbolo di un partito, Forza Italia, che sembrava promettere orizzonti di benessere tintinnante, colorato, deresponsabilizzato, simpaticamente cialtrone.
Berlusconi schierò a suo favore le star della tv e dello sport. Sgarbi e Ferrara divennero ministri. I divi si lanciarono in spot con dichiarazioni di voto: Raimondo Vianello, Corrado, Arrigo Sacchi e soprattutto Mike Bongiorno. Tutti chiamati, per amore o per forza, a venerare chi li aveva resi nababbi strapagati, sottratti alla anacronistica sobrietà pre-berlusconiana. Era una proposta politica e culturale nuova, allegra, spensierata, intrigante e cazzona. Contrastava spietatamente con le grisaglie democristiane e con le cupezze da socialismo reale che ancora l’opposizione di sinistra evocava.
Sbancò fra i pensionati. Conquistò i giovani, sedusse gli imprenditori, divertì gli operai, dette una speranza a sottoccupati e falliti. E, più di tutto, rassicurò quella parte nera del Paese che si muoveva in zone d’ombra, nell’economia sommersa, nei pantani delle attività illegali o quantomeno furbastre.
Nel 1994 non andai a votare (l’alternativa era il PDS di Occhetto). Rimasi alla finestra e mi chiesi, come nella gag di Totò: “voglio proprio vedere questo… dove vuole andare a finire…”.
Nel 2008 fu l’onesto e virtuoso onorevole Veltroni a sfidare il Corsaro Nero. Quella volta andai a votare (unica degli ultimi 25 anni). Ma la gente preferì Berlusconi. Incredibile. Impossibile. Maturai la convinzione che il popolo italiano fosse di scarsa qualità e di scarsa dignità. Aveva quello che si meritava. Era destinato a sprofondare nella propria mediocrità.
E’ finita come sappiamo. Hanno messo la Pivetti come presidente della Camera (e, in seguito, Gelmini, Brunetta, Bondi, Frattini, Brancher, Scajola e Carfagna ministri!). Hanno distrutto lo Stato sociale, hanno rubato a mano libera (ridendo in faccia a chi cercava di impedirglielo), hanno sporcato e corrotto tutto quello che si poteva, senza il contrasto di un’opposizione di mediocri, svuotata di fascino e di idee e formatasi ad immagine riflessa del proprio irresistibile avversario. Se non ci siamo ridotti al lastrico economico lo dobbiamo al miracoloso fatto che, nonostante tutto, il Paese è cresciuto, ha lavorato, ha prodotto, si è arricchito. Ma si è arricchito solo nei consumi. Si è impoveritoin giustizia ed equità, oltreché (sembra non fregare niente a nessuno) in territorio, ambiente, natura, legalità, immagine internazionale, infelicità personale, motivazione al lavoro e allo studio, moralità…
In generale, ad una crescita del benessere economico (sì, siamo più ricchi che nel 1994 e sfido chiunque a negarlo) è corrisposto un aumento del malessere emotivo ed emozionale.
Non sono mai stato troppo ostile a chi, in passato, ha votato Berlusconi. Molti mi hanno spiegato i perché della loro scelta e ho cercato di comprenderne le ragioni, riuscendoci molte volte. Di solito non mi interessa COSA si vota, ma PERCHE’ si fa quella scelta.
Ma stavolta…
Stavolta no. Stavolta Berlusconi sta allineando scientificamente dentro il suo elettorato la parte più triste, deleteria e peggiore del Paese
Le star della TV si sono defilate. Gli opinion leader che lo sostengono si limitano a quattro giornalettisti prezzolati e ridicoli. Non c’è niente di nuovo e niente di rivoluzionario nel suo messaggio. Le gallinelle che sono nelle sue liste non sono più le soubrette-sogno degli italiani, ma sono le sfigatine rimaste fuori da tutto, costrette a vendere il corpo e la dignità. I calciatori-simbolo non sono più atleti modello come Baresi, Maldini, Gullit, Van Basten, Albertini… Ma bulletti sbruffoni, alla perenne caccia di auto fuoriserie cafone e di pornoattrici da ingravidare. Le sue liste sono piene di impresentabili inquisiti. L’alleanza con la Lega è un patetico tentativo di farsi da stampella reciproca per non cadere nel baratro. Il candidato premier Alfano è un replicante che non piace nemmeno a chi lo ha proposto. Le promesse di detassazione sono barzellette a cui tutti (persino chi lo voterà) ridono già da ora.
Il leader è vecchio, instupidito, malato, corrotto, ricattabile, compromesso, malvisto ovunque nel mondo. E non è più il rivoluzionario che fu. Molta parte della “sua” rivoluzione è già riuscita. Per fortuna o purtroppo. Adesso, da parte sua, c’è solo conservazione e speculazione.
Chi voterà, dunque, per Berlusconi nel 2013??? Niente a che vedere con l’elettorato pieno di speranze del 1994.
L’elettorato del PDL 2013 pescherà a piene mani nelle grigie infelicità delle periferie. Nelle maree cupe e spersonalizzate delle curve degli stadi. Negli elementi più anestetizzati e rincoglioniti della terza età. In chi non legge, in chi non si informa, in chi non dà il suo contributo per gli altri, in chi scappa dalle sue responsabilità. I giovani più squallidi, quelli che sperano in una regalia di 100 euro da spendere in 10 minuti per comprare un paio di jeans senza curarsi minimamente di chi, forte del suo voto, rapinerà il suo futuro. I bulletti da discoteca, ma non quelli vincenti e carismatici (come avvenne nel ’94), ma i gregari meno affascinanti, quelli con meno personalità, i “vorrei ma non posso”, i “tanto che cazzo me ne frega…”.
Non ci sono motivi “intelligenti” per votare per Berlusconi, per il vecchio caimano inquisito (e anche condannato) e per gli scherani puzzolenti della Lega.
Queste elezioni misureranno quante persone hanno lasciato ogni speranza. Quanta Italia è sciupata e disperata. Quanto di questo Paese sarebbe da incartare e buttare.
Per quello che conta, chi voterà per Berlusconi faccia il piacere di restarmi alla larga per almeno 6 mesi. Dopo farò esercizio di tolleranza e di spirito costruttivo, condonando la squalifica. Perché ci serve in ogni modo di arrivare qui per ripartire nuovamente. Anche dagli abissi più cupi l’Italia seppe risalire.
Ce la faremo anche stavolta. Nonostante tutto.
Marco Ortolani – febbraio 2013
Commenti a Stavolta, per lui, solo elettori tristi
- Il 20/02/2013 19:21:17Mirta ha detto:
Mi piace ciò che scrivi, da sempre. Io stessa non avrei saputo scrivere meglio!!!
- Il 13/02/2013 16:57:42Marco Capra ha detto:
bellissimo ! Mi fa pensare all’eresia che, nel tempo, si trasforma in ortodossia, nella peggiore ortodossia che non è altro che il nemico di un tempo. Comunque, secondo me, nel ’94 la sua “scesa in campo” fu dovuta alla perdita dell’appoggio politico rappresentato da Craxi e compagni ed il rischio che questo povero paese diventasse, finalmente…….un Paese