L’idea geniale (?) della Lega Nord

L’idea geniale (?) della Lega Nord

 

L’ingloriosa deriva – morale prima ancora che giuridica – della Lega Nord, solleva riflessioni: perché i partiti sono (o sono diventati) macchine che non producono idee (come dovrebbero) ma soldi e potere?

Ogni partito politico nasce da grandi idee di base e da grandi ed affascinanti personalità che lo fondano e lo dirigono nei loro inizi.

Tutti i movimenti politici hanno bisogno di denaro per esistere, per comunicare, per motivare i propri dirigenti, per creare strutture di incontro, per migliorare la propria immagine e conquistare nuovi proseliti.

Questa raccolta di denaro, sin dall’inizio, è spasmodica. E guarda poco alla provenienza di quel denaro.

Si tende ad accettare anche denaro di provenienza dubbia, perché molto forte è la Causa per cui ci si batte.

A caval donato non si guarda in bocca. Pecunia non olet. Il fine giustifica i mezzi.

Anche i proverbi, quindi, sembrano sostenere questa filosofia.

 

Il Partito Comunista si rinforzò con denaro proveniente da una potenza nucleare nemica.

La Democrazia Cristiana si avvantaggiò di tangenti illecite del mondo industriale e affaristico.

Il Partito Fascista si costituì con l’appoggio di denaro di ricchi possidenti agricoli e industriali, gli stessi che (a parole) diceva di combattere.

Il Partito Socialista di Craxi si rifocillò con i meccanismi illeciti svelati da Tangentopoli.

L’ultraliberismo di Forza Italia venne ingrossato da ormai accertati finanziamenti della mafia.

I partiti che “rubano” meno sono sempre quelli che hanno minore fortuna.

 

All’inizio, quindi, si accettano soldi “strani” perché servono alla causa. Si è probabilmente ben consapevoli che sarebbe “meglio” rinunciarvi, ma si è convinti (l’Idea, all’inizio, è sempre molto forte) che i risultati politici finali riusciranno a giustificarli.

 

Ma poi sempre (sempre!) il raccogliere denaro diventa operazione meno finalizzata alla causa e sempre più fine a se stessa. La posizione di potere raggiunta (grazie ai voti di chi crede a quella vecchia e affascinante idea iniziale), quei favori chiesti e offerti in cambio di un denaro che sembra poter affluire in quantità illimitate… tutto questo diventa il CENTRO dell’attività del partito e non più un suo aspetto collaterale. Tant’è che i tesorieri sono scelti con più cura dei dirigenti politici.

 

Così i partiti diventano fabbriche di denaro. Al giorno d’oggi ad un livello MAI raggiunto prima d’ora (forse per la corrispondente “debolezza” delle varie “idee” messe in campo).

Qualcuno, all’interno del Partito, è ancora illuso che lo si raccolga per sviluppare l’idea politica alla base della nascita del partito. Molti altri, invece, hanno capito che le cose si sono rovesciate, che quell’idea è progressivamente passata al servizio delle voglie di chi si è inserito con furbizia a sventolare con più forza quelle bandiere.

Perché le idee sono belle, ma gli yacht, le ville, le Porsche, le donnacce a pagamento lo sono innegabilmente di più (secondo la visione squallida e monetaria della modernità) .

 

La Lega Nord è partita con una geniale idea di base del proprio leader Umberto Bossi.

Dare, al popolo dell’Italia settentrionale, i meriti dell’abbondante ricchezza e benessere conquistati negli ultimi decenni.

E al contempo dare ad altri le “colpe” del rischio di perderlo e dell’impossibilità di produrne di più. Gli “altri” sono stati, di volta in volta, i meridionali, Roma Ladrona, gli extracomunitari, i giudici, i comunisti, ecc.

 

Tale “idea” ha generato un elettorato che si è sentito a “credito” verso la società. Che – spesso dopo anni di vite oneste e umili, basate sul lavoro – è passato a credere di aver qualcos’altro (di più) da incassare. Oppure di essere talmente virtuoso da poter aprire una pagina leggermente diversa della propria vita, fatta di qualche sgarro, di qualche evasione fiscale, di un pizzico di bassezza, e persino di qualche piccolo degrado della propria moralità personale. Tutta roba giudicata impercettibile. Piccole cose davanti alle nefandezze (di ieri e di sempre) degli “altri”.

 

 

Bossi è divenuto il mito incarnato. L’uomo che li ha sbloccati. Che, alzando la voce, ha aperto nuovi orizzonti; che li ha “depenalizzati” nelle loro mancanze (per esempio l’ignoranza e la rozzezza, non più considerate limitanti, ma addirittura ostentate e valutate come elemento di schiettezza e trasparenza) ed eccitati nella loro ambizione ad avere di più (“se ci liberiamo di Roma Ladrona potremo diventare ancora più ricchi”). Il comico Bertolino suggeriva che il supplemento economico del quotidiano “La Padania” avrebbe dovuto intitolarsi “Paga ti i tass ché mi me sun rot’i ball”)

 

E’ un valore – quello trasmesso da Bossi al proprio elettorato – che non ha prezzo. E non solo per modo di dire. Proprio letteralmente.

Per questa nuova “patente” padana , l’elettore leghista non intende badare a spese. E se a Bossi servono soldi bisogna darglieli. Se servono perché i suoi figli sciagurati (chi non ha un figlio sciagurato in casa?) o le sue donnacce (chi non si è inguaiato per una donna?) li richiedono… occorre darglieli. Sbuffando. Come fanno tutti i padri. (Che però – particolare importante – danno i PROPRI soldi e non quelli presi dalle casse del partito, vergognosamente piene proprio in forza di quelle leggi di Roma Ladrona che l’Idea voleva combattere).

Tant’è che l’elettore della Lega stenta ancora a “scaricare” del tutto Bossi. Lo acclama ancora. Porta persino rispetto per la famiglia orrenda che ha creato. Chiede a Maroni, o a qualsiasi altro, che non disperda quel sogno di quel “credito” che il Nord si sarebbe guadagnato.

 

La Lega, per questo motivo, non è più un partito.

E Bossi, più che un segretario, è stato più simile ad un emiro arabo.

Ad un sultano del Brunei.

Ad un ras mafioso.

Ad un maraja indiano.

Ad un tiranno coreano.

Ai leader di quei popoli che lui stesso e l’Idea che rappresentava, giudicavano inferiori, rispetto a “noi”, incoronati di virtù e di saggezza.

 

Che fare allora? In chi credere?

Non è un problema di partiti.

La voracità li ha contagiati tutti perché la voracità sale prepotente dalla società civile e ne modella i propri dirigenti.

Non si può chiedere agli altri di migliorare se ciascuno non cerca di migliorare se stesso, ogni giorno di più.

 

Occorre uscire da criteri monetari di valutazione della propria vita.

Smettere di misurare ogni ricchezza in euro.

I partiti sono come i propri elettori vogliono che siano: avidi nell’accumulo di potere e generosi nel cederne lo spicciolo più significativo possibile.

Usciamo a prendere una boccata d’aria fresca. E torniamo a casa convinti di aver veramente capito.

Il resto verrà da sè.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *