Il BovoDay – Il “vero” funerale di Vigor
Il Bovo Day, il “vero” funerale di Vigor
- Scritto da Marco
- 25.04.2012 11:09.21
Il “vero” funerale di Vigor si è celebrato il 24 aprile al Pala De Andrè di Ravenna.
Il pubblico è accorso numeroso, versando una “questua” sottoforma di biglietto di ingresso devoluto alla famiglia.
Sono apparsi i simboli che lo hanno identificato in vita e che lo accompagneranno nel ricordo: le sue maglie N.10 (vestita a Ravenna) e N.16 (indossata negli altri club e in Nazionale).
Ci sono stati raccoglimento, emozione, riflessione. Ma anche entusiasmo e risate, come di sicuro avrebbe voluto lui, come di sicuro vuole tuttora lui, da Lassù o da qualsiasi altro posto si trovi.
La commemorazione è stata affidata alle persone più titolate: un grande giornalista e un oratore raffinato come Leo Turrini e l’allenatore della Nazionale Berruto.
Si è fatto un regalo al figlio più grande che ha giocato per qualche istante nella Nazionale Italianahttp://www.youtube.com/watch?v=y7P9sCGHVxM.
Si sono viste testimonianze dei presenti spettacolari e fatte col cuore, come la gigantografia dei tifosi di Piacenza o i tanti striscioni pieni di parole bellissime.
Si sono suonate le canzoni che probabilmente Vigor amava sentire: Jovanotti e qualche successo pop moderno. Ci si è raccolti con rispetto sulle note dell’inno nazionale, per onorare il quale Vigor si era battuto in due Olimpiadi ed in innumerevoli altre occasioni.
La religione è rimasta alla porta, esclusa dal Bovo Day, limitata a qualche fugace gesto individuale dei presenti.
Quella religione che – a mio modo di vedere – aveva già “fallito” nel giorno del funerale propriamente detto, celebrato per Bovo qualche settimana fa, proponendo musiche, parole, formule, rituali che non rappresentavano affatto chi si voleva ricordare. Tant’è che i simboli più apprezzati furono quelli “laici”: le stampe del suo volto sorridente appese sulle vetrine di tutti i negozi, l’irruzione al microfono di Federica Lisi, con il conseguente ed emozionante “cambio di ritmo” della commemorazione, il piccolo Alessandro che toccava la cassa del padre e voleva aiutare i campioni a trasportarla…
Qualcuno forse ricorda le parole del sacerdote? (peraltro nulla vieta che il sacerdote sia un comunicatore di qualità, ricordo ad esempio il caso analogo che capitò al povero Roberto Lobietti), qualcuno ha concordato sulla “magnificenza” di un disegno divino che ha portato via a 37 anni un buon amico di tutti e un padre di quattro bambini piccoli? qualcuno avrebbe scelto quelle musiche per celebrare Vigor? Qualcuno pensa che Vigor le avrebbe preferite ai brividoni che si sono avuti ascoltando la lieve “Il più grande spettacolo dopo il big bang”?
Io penso di no. Penso che le cerimonie religiose si stiano rivelando sempre più inadeguate e che comincino a sgretolare la loro rigidità alla luce di una richiesta di semplicità e di rappresentatività che viene dal popolo delle persone che stanno commemorando un loro caro.
Questo si rileva soprattutto quando una persona è molto nota e può contare su un affetto diffuso e “organizzato”. Si pensi al funerale di Simoncelli, dove i suoi fans (fra i quali, mi sembra di ricordare, lo stesso sacerdote officiante) fecero entrare una moto in chiesa e l’uscita del feretro fu accompagnata da una canzone di Vasco Rossi ai limiti della blasfemia.
L’inadeguatezza, naturalmente, salta agli occhi se il celebrato non era credente o quantomeno non era praticante. Si percepisce come, se potesse parlare dal suo Ultimo luogo di riposo, chiederebbe altro per essere ricordato.
Ma ho il sospetto che la sensazione si stia diffondendo anche fra abituali frequentatori della Chiesa.
Perché, quindi, si sceglie in modo quasi unanime la commemorazione religiosa?
Semplice: perché il mondo laico, per propria gravissima colpa (che si estende anche alle celebrazioni delle nascite e dei matrimoni) non ha mai costruito un proprio cerimoniale definito e solenne; non ha gli automatismi della Chiesa nell’individuare i luoghi (ovviamente la chiesa, nel senso di edificio), i responsabili (i sacerdoti) i tempi (quelli di una messa), le modalità (consolidate dagli anni ed eventualmente integrabili con aggiunte approvate dal sacerdote, quale unico e riconosciuto responsabile della funzione), le parole (quelle della messa, per quanto ignote o astruse per chi le ascolta).
Nel momento dello sconforto, della morte, del distacco, la Chiesa c’è sempre e subito.
Mentre il mondo laico, con fatica (la RoburCosta sa quanta ce ne è voluta), con confusione, con improvvisazione, arriva con le sue proposte. Che non sono alternative, ma, per il momento, solo aggiuntive.
Consolidata, nello sport, la tradizione di una partita celebrativa. O, nei casi più importanti, di trasmissioni televisive dedicate.
Più complicato, ma mai impossibile, trovare formule per celebrazioni non sportive: sempre per casi “importanti” possono essere organizzate manifestazioni di piazza, raccolte di fondi, altre iniziative connesse ai talenti e alle predilezioni di chi non c’è più…
Ma anche le persone più umili meriterebbero un ricordo “a forma di loro”. E non dovrebbe mai essere così impossibile, per chi le compiange, poterlo realizzare.
Dovesse succedere a me ve la dò io l’idea: niente preti e niente chiese, ovviamente.
Trovatevi a cena da qualche parte, voi che mi avete voluto bene, e scambiatevi i ricordi di me.
E alla fine andate via tranquilli, perché del conto me ne vorrò occupare io.