QPGA – Il Film

Io so che sono stati fatti molti film migliori di questo e altri di migliori ne seguiranno.
Ma sono praticamente sicuro che con questi vincoli, questa trama, queste canzoni, si sia fatto il massimo.
Il film è recitato bene, ottima fotografia, qualche bel dialogo, qualche idea cinematografica sorprendente e spettacolare, ottima la ricerca dell’oggettistica d’epoca, l’attrice è brava ed è di una bellezza oserei dire imbarazzante e su tutto aleggia l’irrompere periodico del “flauto magico”, di quella voce che ben conosciamo (quella di adesso! non quella gracchiante e lamentosa di allora).

Le belle canzoni (QPGA e Con Tutto L’Amore che Posso) cantate per intero in stratosferiche versioni. Quelle minori (minorissssime, a mio avviso) appena strimpellate e ben incastonate nella storia.
E’ proprio la storia a presentare qualche limite. E non per colpa del film.
QPGA (il disco del 1972) è la storia di un amore smisurato e gigantesco che vive di occhi, mani, baci, capelli, sospiri e attese frementi per un indeterminato futuro di fiori e fontane.
Il resto, il resto del mondo, il resto delle persone, il resto della società, il resto delle relazioni, il resto della vita è categoricamente messo alla porta.
“Come fai a starmi dentro ogni pensiero?”
Un amore totalizzante, bello come il cielo, come il giorno e come il mare.
Ogniqualvolta un elemento esterno prova ad interagire con quel sentimento puro e immenso ne viene scacciato.
I manifestanti in piazza? Presto dimenticati, appena si ottiene quel numero di telefono.
La politica? Per carità: il futuro si costruisce con i fiori
I genitori? “Matusa” senza sensibilità, da spingere via (“non le ho neanche chiesto stai bene e davanti le sono passato”) perché la fidanzata non ci vuole più
Le istituzioni come la scuola o l’esercito? Fastidiosi ostacoli sul cammino fiorito dell’Amore
Gli amici? Che vadano a “dare via il sedere”
Il pantalonaro di Porta Portese? Lasciato senza se e senza ma, perché non è possibile che è lei insieme ad un altro
Il lavoro e il denaro? Concetti praticamente non pervenuti.
Asciugando il tutto rimane una devastante sensualità, che ci commuove e ci fa sorridere e “tifare” per tutte le passeggiate, per tutti i tramonti, per tutto il fascino di quegli anni.
Ma è un po’ pochino, specialmente quando si esce dal verde tunnel della teen age. Se pensate a cosa cantavano in quegli anni Celentano, Modugno, Dalla, Mina, la Vanoni, Venditti, Guccini… poteva starci che ci fossero frettolose etichettature.
Solo dopo si ebbe la misura della statura letteraria dell’artista (quella musicale apparve subito più nitida) anche quando si cimentò sui temi sentimentali. Magari fra 30 anni anche Moccia si troverà alla fine di un percorso simile, ad incassare i riconoscimenti che oggi (la nostra ML mi pare compatta in questo senso) gli vengono negati.
Una prigione (doratissima) durata molti anni che oggi Claudio accarezza con la sua classe immensa e con la serenità di una ritrovata libertà e con la pace fatta con chi lo criticò perché era frivolo, con chi lo criticò perché non lo era più, con chi lo criticò perché si era montato la testa, con chi lo critica oggi perché è “commerciale” (cosa vorrà dire questa parola? e, nel caso, quando mai non lo è stato?)
Una pace fatta con tutti, perché è già da tanto che suona. E la sua storia a-canto ha da tempo cessato di dover dimostrare qualcosa.
Grande schermo e grande grazie.
El V

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  • Scritto da Marco
  • 13.02.2009  19:01.17

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