Patapan – Regalo degli dei

Patapan – Regalo degli dei

  • Scritto da Marco
  • 03.07.2009  22:13.40

Credo che “Patapan” sia la più bella canzone di Claudio Baglioni e, conseguentemente, la più bella canzone italiana di ogni tempo. E’ dedicata al padre, scomparso alcuni anni fa e completa una trilogia di capolavori dedicata ai grandi affetti di una vita (si può accostare ad “Avrai” per il figlio, per la donna amata c’è un assortimento ampio in cui scegliere, mentre la madre è stata per il momento “risparmiata”)

Patapan è contenuta nell’album “Sono Io” del 2003. Non è mai stata trasmessa dalle radio (è troppo lunga e non ha alcuni requisiti radiofonici come l’immediatezza del ritornello, che è lontanissimo dall’inizio del brano). Anche dal vivo Claudio l’ha proposta solo tre volte. Con orgoglio posso dire di essere stato presente in due di esse…

Proprio qui vi voglio mostrare la performance di Roma… http://www.youtube.com/watch?v=t9w-IMPUqfM&feature=related

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A Roma c’erano tremila persone. A metà della spettacolo Claudio accennò a un brano, ma dopo poche note rinunciò al tentativo. “Non sono ancora pronto” mormorò e cominciò un’altra
canzone. Avevo già immaginato cosa stesse per succedere, che infatti dopo accadde.

Con comprensibile sofferenza cantò “Patapan” il cui titolo si deve al rumore fatto con la bocca dal protagonista bambino, incitato dal padre al galoppo di un finto cavallo di legno.

Fu un’esibizione straordinaria che per fortuna qualche santo ha riportato su youtube (dove peraltro l’applauso finale è stato tagliato, come un passaggio centrale del brano). Alla fine il pubblico scattò in piedi, in una standing ovation interminabile che lo stesso Claudio dovette impegnarsi a fondo per interrompere (“andiamo avanti!”, diceva, riprendendo l’ultimo verso del brano appena concluso)

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Non è quel tempo, è adesso, in cui dobbiamo stare e lo stesso andare…

http://www.youtube.com/watch?v=t9w-IMPUqfM

 

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Questo il testo

ce l’ho ancora sulla pelle
quell’odore di colline
sono lucine o sono stelle
quelle cose dove la campagna ha fine
ti ricordi pa’
mi tiravi per la mano
sul tuo passo più costante
tu un gigante e io un nano
mentre davi un nome agli alberi e alle piante
e raccontavi fatti
e misteri di laggiù
così per lunghi tratti
e se non ce la faccio più
tu mi trovavi un legno
e io ci montavo su
con quel cavallo e un regno e uno schiocco e patapàn

al galoppo e all’avventura
sotto a quel tuo naso grosso
messo come prua e non avevo mai paura
dentro la tua scia ti stavo sempre addosso

e nella sera chiara
da lontano l’armonia
di un suono di fanfara
di un tam tam di prateria
e le tue braccia forti
che indicavano la via
ai miei ginocchi storti e agli occhi e patapàn

ciao pa’
ma quante strade di sentieri bianchi
e quante ancora e ancora no non siamo stanchi
lo vedi come corro così veloce
dietro al tuo fischio e quella voce
se resti indietro aspetto sotto la croce
e scoppia il petto e in coppia

e andiamo avanti e patapàn
e sul ciglio di un burrone
tu facevi quella finta
di una spinta in giù e io ridevo col fiatone
e mi alzavi su nella camicia stinta

e ti sentivo dire
di chi c’è e chi non c’è più
e non poter capire
perché non è come un tram
su cui chi si vuol bene
sale e viaggia e scende giù
ma tutti quanti assieme per sempre patapàn

ciao pa’
così hai saltato giù e ora sei in volo
ti sei fermato un giorno e io corro solo
perché non m’hai aspettato e stai lontano
e non mi prendi più per la mano
che senza un legno adesso un po’ più piano
vado e spesso cado
ma andiamo avanti

ciao pa’
ma dimmi dove è che stiamo andando
e questa vita dove mai ci sta portando
non era questo il mondo che volevamo
e non è il cielo che sognavamo
non è quel tempo, è adesso
in cui dobbiamo stare
e lo stesso andare
e andiamo avanti e patapàn

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