Figli d’arte per un volley che viene da lontano

  • Scritto da Marco
  • 11.12.2006  00:18.24

Storie di padri e figli in questo articolo che ho scritto per Sport Ravenna

In una città che mastica pallavolo da 60 anni era inevitabile che la passione per le schiacciate scorresse attraverso le generazioni. Così, a Ravenna, non sono stati rari i casi di “figli d’arte”: si va dai fratelli Matteo e Michela Guerra (figli di Sergio) a Mario Fangareggi (figlio di Mauro, scudettato a Modena), a Simone Bendandi (figlio di Aldo) a molti altri.
La Robur Costa ha messo fra le basi fondanti della sua opera il recupero di tutte le “energie pallavolistiche” andate per lungo tempo disperse e quindi non sorprende che, accanto al dirigente Roberto Costa (il “boss” figlio del grande Angelo), giostrino giocatori dalla paternità illustre: Lorenzo Rambelli è figlio di Piligi, oggi suo ds, a lungo in Serie A con i Vigili. Dimitri Pancenko è figlio di Yuri, primo pallavolista sovietico ad approdare alla volley italiano (Conad Ravenna, campionato 1989/90). Marco Cerquetti è figlio di Riccardo, in Serie A con i Portuali a cavallo fra gli anni ’60 e ’70 e Andrea Carmè è figlio di Ubaldo, personaggio simbolo del volley cervese, dove ha giocato e allenato.
Tutti i “figli d’arte” si prestano assai volentieri a parlare dei loro illustri padri, di cui si dimostrano ferrati sui dati salienti della carriera. “Giocava in posto… quattro?” dice Lorenzo Rambelli; ma il punto interrogativo non è legato al ruolo, ma alla denominazione. “Un tempo – interviene bonariamente il presidente Casadio (che ambisce a diventare… “padre d’arte” grazie al figlio 15enne Marco, impegnato nelle giovanili) – si diceva schiacciatore di mano”.
Chi ha il racconto più… lungo sulla carriera del padre è sicuramente Dimitri Pancenko: “Mio padre (che oggi allena la Dinamo Kalinigrad, in un’enclave russa posta in mezzo ai Paesi baltici) ha vinto tutto: 12 scudetti sovietici consecutivi con il CSKA, Coppa e Campionato del Mondo, Europei e i l’oro olimpico a Mosca 1980, il trionfo di cui parla più spesso. Con la nazionale ha giocato anche in palcoscenici speciali come lo stadio Maracana di Rio e l’Arena di Verona”.
La pallavolo può essere stata vissuta come una forzatura degli illustri padri? La risposta è univoca: assolutamente no. “Mi ha incoraggiato – dice Rambelli a nome di tutti – ma senza alcuna forma di obbligo o pressione. Oggi è un critico onesto e imparziale delle mie gare; viene prima il suo essere tecnico che genitore”. “Con lui – aggiunge Carmè sostenuto dagli altri – c’è ampio dialogo anche su questioni tecniche. Viene spesso alle partite e un po’ mi secca le volte che non riesce ad essere presente”.
Quali sono i suggerimenti che arrivano più di frequente dai padri? “Stai calmo!” dicono sospirando sia il fumantino Rambelli che Carmè, riconoscendo loro probabilmente molta ragione. “Stai concentrato e non saltare a vuoto sul primo tempo” è invece l’indicazione che più spesso passa da Yuri a Dimitri Pancenko.
Si inserisce Giorgio Zauli, figlio di Claudio, un tempo validamente in campo sui parquet e oggi ds della Robur Costa. “Mio padre – dice Giorgio che ad inizio stagione ha lasciato la RoburCosta per dedicare più tempo al beach volley che gioca in coppia con Carmé – insisteva spesso sul massimo rispetto da portare per compagni e avversari”.
Un’ultima riflessione per Lorenzo Rambelli, circondato da familiari (babbo Pierluigi ds, mamma  Pia Bissi impegnata come dirigente e il fratello minore Stefano è vice allenatore): “La situazione non mi pesa: ognuno ricopre i suoi incarichi e vengo trattato come uno degli altri“.

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