Una partita nel mito; la finale di Mestre 1991
- Scritto da Marco
- 11.11.2010 01:33.58
Il mensile Sport Ravenna mi ha commissionato i racconti delle 10 partite più belle della storia della pallavolo maschile ravennate. La scelta è ampia, ma la finale di Coppa Italia del 1991 a Mestre non può mancare di certo…
Questo è il mio racconto…
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Mestre – 4 aprile 1991
FINALE COPPA ITALIA
MESSAGGERO RAVENNA – MEDIOLANUM MILANO 3-0
La Coppa Italia di volley nasce negli anni Settanta, ma è solo sul finire degli anni Ottanta che esce dall’anonimato di palestre di provincia e diventa un evento televisivo e un obiettivo di prestigio nell’attività dei club più forti.
La stagione 1990/91 è considerata un punto di svolta per la pallavolo, grazie all’arrivo di gruppi industriali disposti a spendere per avere i migliori giocatori e alla cresciuta esposizione televisiva.
In quella stagione la fase preliminare della Coppa Italia comincia quando alcune squadre sono ancora prive dei loro Nazionali che, in Brasile, stanno disputando il fantastico torneo che porterà all’Italia il primo titolo mondiale.
Il Messaggero rimedia all’assenza di Gardini e Masciarelli (i fuoriclasse americani non hanno partecipato a quei mondiali) schierando i giovani centrali Fangareggie Bovolenta e supera i primi turni. Ma altre squadre – e segnatamente la superfavorita Sisley di Treviso, priva di Tofoli, Cantagalli e Bernardi – sono costrette all’imprevedibile resa. Un’altra big, la Maxicono di Parma, esce nell’ultima eliminatoria per mano del Messaggero.
La Final Four è assegnata alle città di Venezia e Mestre. Accanto al Messaggero e alla Mediolanum di Milano, che il denaro di Berlusconi ha reso una corazzata, giungono due squadre un po’ miracolate dal calendario favorevole: il Falconara e il Città di Castello (quest’ultima addirittura una formazione di A2).
Le semifinali sono composte con criteri di classifica. Milano e Ravenna vengono separate e la pallavolo italiana ci guadagna così la possibilità di assistere ad una delle più belle partite di quei tempi.
All’Arsenale di Venezia, in riva al Canal Grande, Città di Castello (contro Milano) e Falconara (contro Ravenna) offrono prestazioni dignitose, ma non mettono mai in forse il risultato. Tuttavia gli osservatori più attenti non possono fare a meno di notare le performaces di due giovanissimi: si chiamano Samuele Papi (fra i marchigiani) e Andrea Sartoretti (fra gli umbri, che grazie a lui soffiano persino un set a Milano) che saranno grandi protagonisti degli anni successivi con i club e con la nazionale.
Ma l’epilogo è quello designato. La finale sarà Milano-Ravenna. Le squadre, la stampa e i numerosissimi tifosi al seguito, (soprattutto quelli di Ravenna, che seguiranno ogni trasferta di quella stagione con grande passione e partecipazione numerosa) compiono il breve tragitto da Venezia a Mestre, dove è programmata la finale.
Le due squadre si sono “annusate” in occasione del Mundialito per club di pochi mesi prima: un Messaggero ancora da rodare aveva ceduto in semifinale al Banespa di San Paolo poi travolto dai milanesi, capaci di esibire una cifra di gioco già elevata e la grande individualità del cannoniere Andrea Zorzi.
Ma è passato del tempo. Ravenna ha cementato il gruppo e trovato il miglior apporto dai suoi giocatori californiani, Karch Kiraly e Steve Timmons, che sembrano calarsi da un altro pianeta pallavolistico.
L’impianto di gioco è il Pala Taliercio, intitolato ad un dirigente d’azienda ucciso dai terroristi un decennio prima. Venezia e Mestre non hanno tradizione di pallavolo, ma il palasport è strapieno e festante, perché, dopo la vittoria mondiale, il volley è la moda del momento. C’è tutto quello che occorre per un grande evento sportivo.
Milano entra in campo con maglie bianche a cerchi orizzontali rossoneri. Ravenna indossa maglie rosse, con spalle bianco-gialle e la scritta con M gotica sul petto.
L’allenatore statunitense Doug Beal, alla guida della nazionale USA, ha inventato un nuovo volley, caratterizzato dalla specializzazione dei ruoli. Ricevono solo due giocatori. Nella sua esperienza a Milano sono il veterano Franco Bertoli e il suo fedelissimo Bob Ctvrtlik. Al centro due nazionali come Galli e Lucchetta; il palleggiatore è l’estroso americano Dusty Dvorak, l’opposto è Andrea Zorzi, l’uomo dei palloni pesanti e dei grandi bottini, il pericolo numero uno.
Daniele Ricci, alla guida del suo Porto Messaggero, ha mutuato lo schema americano: i due ricevitori sono Karch Kiraly e Stefano Margutti (con l’alternativa frequentemente usata del napoletano Gianni Errichiello); al centro i nazionali Gardini e Masciarelli; Fabio Vullo è il regista (ma nel primo anno a Ravenna sarà utilizzato anche come attaccante di seconda linea su palla rigiocata), mentre l’asso di bastoni è Steve Timmons, un oppostone veloce e potente.
La gara è semplicemente fantastica dal primo scambio all’ultimo. La telecronaca di Lorenzo Dallari sull’antenata di Sky che si chiamava Tele+2 (guardate questo bel filmato tratto dallo scatolone magico di youtube http://www.youtube.com/watch?v=tS29-cIXrvY) è impostata su toni estasiati, perché mai, prima di quel momento, il volley aveva raggiunto un’interpretazione di gioco così intensa e spettacolare. Anch’io, nella mia radiocronaca diretta per RadioRavennaUno, vado a cercare le espressioni più ardite, per dare la misura di uno spettacolo di un livello che non avevo mai visto.
La sfida nella sfida è quella fra Kiraly e Zorzi: un “brain challenge” fra due fuoriclasse di grande intelligenza. Zorzi picchia palloni di potenza devastante, ma in più di un’occasione Kiraly è una folata di vento biondo e felice destinata a raccogliere l’impossibile e a rilanciare con il celeberrimo urlo “come on!” contrattacchi magistrali chiusi soprattutto dal fraterno amico Timmons. I due palleggiatori giocano da fenomeni. Vullo vince la sfida e la suggella con una prodezza indimenticabile: un millimetrico palleggio rovesciato dal fondo di oltre 10 metri per Timmons che, conoscendo le doti del compagno, si era tenuto pronto per l’attacco.
Sono pochissimi palloni a decidere una sfida così equilibrata. Ma la sensazione è che la squadra ravennate, costruita da Brusi e allenata da Ricci, abbia una mentalità vincente, un agonismo rabbioso, una determinazione instancabile che non possa darle risultati diversi dal successo.
La gara procede punto a punto nei primi due set (15-12, 15-13); solo nel finale l’indomita resistenza milanese si ammorbidisce quel tantino che basta all’ultimo sprint trionfale delle “Emme Rosse” (15-9). I tecnici sfollano con una convinzione: meglio di così, a pallavolo, non si può giocare.
Marco Ortolani