Un interminabile applauso chiude il campionato – Storia di un anno divertente

  • Scritto da Marco
  • 27.04.2010  08:19.04
  • PALLAVOLO

Anno 2009, mese di settembre. Ci avevano riconsegnato da poco il PalaCosta. “Con calma e per piacere”, come si dice. Perchè ci avevano messo un secolo e avevano speso miliardi (sì, miliardi, perché quando si cominciò a lavorare alla ristrutturazione si pagava ancora in lire…), mentre altrove, in altre città anche più piccole e pallavolisticamente meno nobili, si facevano gioielli con un terzo del nostro budget.

Per inaugurarlo arriva il Città di Castello di Rosalba. Il palazzetto è quasi pieno, pieno dell’euforia tipica dei sopravvissuti che si ritrovano dopo una lunga tempesta fatta di categorie minori. Ma la partita viene interrotta più volte per improvvisi black out elettrici. All’ennesima interruzione gli arbitri e le squadre rinunciano a proseguire e finisce con un calcistico uno a uno. Non è esattamente un bel segnale…

Sette giorni dopo la Marcegaglia Robur Costa esordisce in A2 e le luci non si spengono sul suo trionfo contro il quotato Padova. Lorenzo Bernardi , leggendario allenatore ospite, sfoggia bei modi e una camicia elegante, ma la sua squadra è annichilita e i ragazzi di Babini si esaltano. Il sestetto è definito: Garnica in regia, Miseikis (subito top scorer) opposto; Lehtonen e Mengozzi al centro, Plesko e Sirri alla mano e Tabanelli libero. Pur con le tante variazioni imposte dagli infortuni, Babini farà sempre riferimento a questo esagono principale.

Babini ha scelto una preparazione anticipata: la squadra (che è priva di Lirutti convalescente da un’operazione chirurgica) è subito al top, con automatismi eccellenti. Il pubblico è la carta in più che la Marcegaglia gioca nei match interni: il “tutto-esaurito” è sistematico. Alle vecchie facce che appaludirono il volley di Bendandi, di Ricci, di Venturi, di Margutti e di Giombini si aggiungono nuovi tifosi, nuovi slogan, nuove bandiere. “La gente come noi non molla mai” è uno dei cori preferiti.

Ravenna perde solo alla quinta di campionato (a Roma, dove vinceva 2-0 e 10-6 nel quinto) e fa vittime di prestigio come Crema e Sora (in trasferta). Impegna persino Castellana e Zinella in match esterni di qualità

Chiude il girone di andata al quarto posto, a quattro punti dalla vetta, dopo essere stata per qualche tratto anche seconda. Begli gli incontri qua e là con gli ex di un recente passato, come Rosalba, Frosini, Cardona, Benito, Dani, Castellano e altri.

Nel ritorno le avversarie aggiustano la condizione, mentre su Ravenna si abbatte un vortice di infortuni che colpisce quasi solo gli schiacciatori: Plesko, Lirutti, Miseikis, Ranghieri e Sirri devono saltare diverse gare. La classifica ne risente (anche sette sconfitte consecutive nel periodo più nero) e si arriva anche a sussurrare preoccupazioni di salvezza. Ma nei momenti decisivi la Marcegaglia raggranella quello che manca per aggiustare la classifica e chiudere la settimo posto. Si accentua la caratteristica di fare punti e partite di qualità contro le big del campionato e di faticare contro le ultime (alla fine si regaleranno parecchi punti alle retrocesse)

Il primo turno dei play off vede la Banda Babini (nel frattempo divenuto papà di Virginia, come Luca Sirri lo era diventato di Jonathan pochi mesi prima) contro il Cavriago di Bonitta: ci vuole una partita più del previsto (il ritorno a Reggio giocato e perso senza Miseikis) per venire a capo degli emiliani e riconfermare il diritto a far parte delle otto migliori.

Il quarto di finale è contro la Zinella, squadra guidata dal monumento argentino Hugo Conte e ricca di altri talentoni dal Paese sudamericano. In regular season furono due ottime partite e la doppia sfida di play off è conferma di qualità e di spettacolo. La vicinanza delle due località stimola una rivalità delle tifoserie che creerà le migliori condizioni per esaltare le prodezze dei giocatori. A Bologna la Marcegaglia rimonta da 0-2 e si gioca tutto al quinto, senza fortuna. Tre giorni dopo la classe di Nicolas Uriarte pilota i suoi ad un nuovo, combattutissimo successo. Sull’ultimo pallone c’è un attimo di scoramento, ma poi – prima spontaneo, poi caricato dall’esultanza dello speaker Gianluca Barboni – scatta uninterminabile applauso su cui si immergono i nostri giocatori, che se lo godono a centrocampo fino all’ultima goccia.

Applausi per Stefano Mengozzi, attaccante con un compasso di braccia di chiara categoria superiore, che deve migliorare nella lettura del muro, mentre la sua battuta si è fatta con il tempo meno “strampalata” e più efficace; Andrea Ortolani è il tipico combattente da allenamento: il suo impegno serve a temprare i titolari, per lui pochi spazi in campo; Matija Plesko conquista subito il pubblico per la velocità e l’acrobazia del gioco di seconda linea e per i comportamenti grintosi, ma leali e corretti; Jukka Lehtonen è il simbolo della flemma del Nord, efficace al servizio e in attacco; Luca Sirri ha il numero 6 che fu di Stefano Margutti del quale si candida a seguire le orme come uomo squadra e bandiera: per lui un anno magico, con la paternità e la convocazione in nazionale, tutto vissuto con la compassata serenità tipica del suo carattere; Kristian Lirutti lotta con la tempra indomabile dei friulani doc, intatta anche a 35 anni, per rientrare con successo dal suo lungo infortunio; Lorenzo Rambelli svolge con bravura il ruolo “dietro le quinte” di capitano e di tramite fra il nucleo storico e la nuova squadra;Fernando Garnica dimostra di valere abbondantemente la categoria conquistata alla guida di questa squadra. Alex Ranghieri gioca un anno di esordio in serie A condizionato da molti problemi fisici: le occasioni di entrare nel vivo del match non vengono sempre sfruttate al meglio; Cristian Monti si carica in allenamento della fatica oscura del secondo libero: un infortunio di Tabanelli gli offre una meritata vetrina a Padova, dove ce la mette tutta risultando fra i migliori e scaricando la tensione finale in un lungo pianto che è uno degli episodi più simpatici della stagione. Matteo Tabanelli è libero di classe e temperamento: sa esaltare ed esaltarsi con le difese e risulta prezioso nel secondo tocco di ricostruzione; Arvidas Miseikis sigla con frequenti prestazioni da top-scorer il suo primo anno ravennate; Giampaolo Saviotti viene sballottato nei vari ruoli lasciati liberi dagli infortunati, con alterni risultati.

Antonio Babini e Stefano Pascucci confermano l’atteso ruolo di coppia dall’intesa di ferro e dal legame con la società che va oltre un ingaggio e una panchina da condividere, ma è il segno di quel progetto di amicizia e di sport che sta alla base del sogno, ormai realizzato, del presidente Luca Casadio e del suo staff, dove ricordiamo l’infaticabile ds Paolo Badiali, l’accompagnatore Claudio Zauli, lo scoutman Gianluca Zanni, l’anima roburina della società Paolo Morgagni, il massaggiatoreDavide Baccoli, i medici Nobili e Argnani, l’addetto al marketing Corrado Scozzoli, il vicepresidentePaolo Fabbri, l’addetta alla biglietteria (spesso assediata) e coordinatrice dell’attività giovanile Maria Pia Bissi,  il “boss” Roberto Costa, il “gran consigliere” Gian Marco Venturi, la segretaria Irene Georgiou  l’addetto stampa Giancarlo Sirri e lo speaker Gianluca Barboni, sperando di non aver dimenticato nessuno.

La mia personale stagione si chiude con grande soddisfazione. Ho ritrovato l’emozione di seguire la squadra in trasferta, di raccontare al microfono la partita con il perfetto e puntuale sostegno dell’amico Gianluca Valmorri (mai avuti dubbi sulla sua capacità di essere efficace in questo compito). Le riprese sono state realizzate per La8 dalla troupe dell’espertissimo regista Claudio Spadaro, personaggio storico dell’emittenza locale, non solo sportiva. Con la qualità della giovanissima addetta alla produzione Annalisa Bertasi, di Marco in regia e dei cameramen Benny, Nicola, Gaetano – bravi anche a saper costruire un ambiente gradevole e amichevole – siamo poi riusciti, con mezzi minimi, ad allestire una trasmissione settimanale che ha tentato di fare dell’approfondimento e di presentare i nostri beniamini sotto una luce più umana. A dare un tocco in più alla trasmissione sono state due ragazze belle, simpatiche, profondamente diverse fra loro, ma ugualmente efficaci: Barbara Ghetti, fascinosa e misteriosa, e Ilaria Cavezzali, fresca e “naif”. Si potrà fare molto di più con altri mezzi: speriamo che il prossimo anno si possa ripetere l’esperienza e che qualcuno ci aiuti a sostenerla e a renderla migliore.

 

I MIEI “PIU” E “MENO

Gara più lunga: Ripetizione di Massa-Marcegaglia (2h e 24′ di gioco effettivo) – La Marcegaglia per 14 volte su 33 ha disputato gare lunghe più di 2 ore di gioco effettivo.

Set più lungo: il primo di Sora-Marcegaglia (36-38) – quel set fu incredibile e a prolungarlo ci si mise l’arbitro che, su uno dei primi set-ball dei laziali, non vide un evidente quarto tocco dei ravennati

Partita più breve: MArcegaglia-Castellana 1h e 11′ – Avete presente un treno quando vi passa sopra?

Partita più bella: Scelta troppo difficile. Mi prendo le due con Roma, la trasferta a Frosinone (Sora) e le cinque (compresa la coppa Italia) con la Zinella.

Partita più brutta: Nessun dubbio: Marcegaglia-Bassano 2-3 fu irreale.

Palasport più bello: Mitico l’Olimpico di Roma, ampio e pratico quello di San Lazzaro, economici e pratici quelli sul modello Bassano. Il nostro è “bello” solo per il patrimonio di storia e ricordi che porta con sè; per il resto la “culla della pallavolo” meriterebbe altro

Giocatore più forte: per quello che ho visto io Uriarte fra i palleggiatori, Evandro fra i bomber, Creus fra i centrali. Più difficile valutare i liberi fra i quali non trascurerei il nostro Matteo

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