Patàca!!!

  • Scritto da Marco
  • 17.02.2015  16:48.45

Il clima rilassato e festoso che si respira alle partite di pallavolo è, da decenni, una felice costante che in tempi così tristi meriterebbe una sottolineatura: bambini che possono girare liberi e sicuri, tifoserie ospiti accolte con educazione e talvolta con amicizia, giocatori avversari ammirati, applauditi e corteggiati. Un’oasi di cui il volley deve essere orgoglioso (e non è sempre stato così: i palasport degli anni settanta e ottanta erano molto più turbolenti e aggressivi, persino per il volley femminile).

Tuttavia c’è una caratteristica che talvolta contraddistingue il pubblico di Ravenna: isolare uno degli avversari, quello dai comportamenti più eccentrici ed appariscenti, e bersagliarlo di “buuu” e di sfottò. Tutto ampiamente nell’ambito della legalità e della civiltà e spesso quasi dell’allegria, ma con un certo accanimento. L’epiteto più gettonato è sempre “patàca!” frutto del nostro splendido dialetto, che consente uno sfogo allegro, e suona come un buffetto acido, ben lontano da volgarità e cattiveria.

Domenica scorsa il “trattamento” è toccato allo schiacciatore di origine cubana Padura Diaz, mulatto con orecchino, dalle esultanze accentuate e sanguigne e dalla … fastidiosa propensione alla schiacciata vincente. Ebbene, dopo un bel punto, l’opposto del Monza si è un po’ lasciato andare. Il loggione ravennate-forlivese non ha gradito e sono cominciati i fischi che hanno fatto da sottofondo a tutta la partita di Padura, senza peraltro condizionarla in modo negativo. Il cubano, tutto temperamento, si è caricato ed ha accettato la sfida, riservando occhiatacce a tifosi ed avversari e godendosi appieno il trionfo del dopopartita. Qualcosa di molto simile capitò 15 giorni fa al suo conterraneo Hirrezuelo, regista del Molfetta estroso nelle giocate e nella condotta in campo.

Lo scorso anno il “patàca” di turno fu il serbo di Perugia Atanasjevic, dopo un’insistita protesta nei confronti degli arbitri. Più indietro ancora, nel campionato di A2, troviamo il giovane Zaitseev, che giocava a Roma: già l’acconciatura (una audace cresta bionda) lo aveva messo al centro dell’attenzione; ma dopo una giocata confusa sottorete (davvero niente di che, un semplice pretesto) il PalaCosta decise di scatenare la corrida di fischi su di lui che durò fino al termine del match. Il futuro bomber azzurro non fece una piega, denotando sangue freddo e controllo dei nervi da predestinato a grandi platee. Meno memorabili i casi di Orduna (in A2) e Lebl (al primo anno di A1).

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Ai tempi del Messaggero i “bersagli” preferiti furono Zorzi e Bernardi. “Zorro”, nell’unica partita persa dal Messaggero nella regular season del 1991 che portò allo scudetto, urlò in faccia a Timmons. Una specie di lesa maestà che il Pala De André punì con ululati di disapprovazione, che costrinsero per alcuni minuti il palleggiatore di Milano (Dvorak) a non passare il pallone al grande cannoniere veneto.

Bernardi ebbe a lungo un pessimo rapporto con il De Andrè: alcuni atteggiamenti insofferenti lo fecero finire nel mirino (in un’occasione si trascese con un accenno di rissa con un tifoso) e quindi in panchina, con metodi punitivi di Montali che probabilmente ne forgiarono il carattere vincente, poi conclamatosi in Nazionale e nei club.

Scintille anche per il gigantesco bulgaro Ganev, che provocò Karch Kiraly il quale reagì facendogli il verso dello scimmione e sfidandolo a tirare la sua terribile battuta in saltoricevendo… da solo. Una sfida accesissima ed indimenticabile, condita da numerosi cartellini degli arbitri.

Ancora più indietro negli anni (ma con una connotazione più aggressiva e cattiva) vennero presi di mira il centrale di Roma Squeo (per i comportamenti da impunito provocatore), Nello Greco, l’allenatore Pittera e la palleggiatrice ravennate di Reggio Emilia Beatrice Bigiarini, cui non venne perdonato (sembra di parlare di preistoria…) il passaggio ad una squadra rivale, insieme al suo allenatore (anch’egli ex) Oddo Federzoni.

A volte la contestazione si è ricomposta in casa, visto che duelli accesi della tifoseria ravennate con Biribanti, Moro e la stessa Bigiarini, si sono chiusi per sopraggiunta vestizione della maglia ravennate da parte dei suddetti.

Pochi, invece, i casi di giocatori del Ravenna finiti fra le “attenzioni” del pubblico ospite: un giovane Sartoretti con capelli lunghi venne “massacrato” a Mantova per conti risalenti al campionato di A2. Vullo si esaltò in infinite sfide dialettiche con la tifoseria di Parma.

Una curiosità: i “bersagliati” sono quasi sempre giocatori forti. Gli scarsi non li fischia nessuno. Farsi dare del “patàca” dal pubblico di Ravenna è una specie di certificazione di qualità…

 

Nota: la parola “patàca!” divenne d’attualità politica quando venne usata da Josefa Idem (tedesca che vive in Romagna da tanti anni) per definire Beppe Grillo.

“Grillo? Ma lui è un patàca…”.

Molti giornali (comprensibilmente!) travisarono il senso riportando “Grillo è UNA patacca” che si poteva intendere come “è un falso”, che non era sicuramente quello che voleva dire Sefi. Lei voleva proprio dire che era UN “pataca”…

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