Il Mondiale delle fate azzurre e della principessina Chirichella…

  • Scritto da Marco
  • 14.10.2014  01:01.59

Si sono svolti in Italia i Campionati Mondiali di pallavolo femminile. Le premesse di questa manifestazione, a mio parere, erano pessime, per almeno tre motivi:

1)  – L’Italia, in questo momento di crisi, produce spesso confusione, sprechi e brutte figure di vario tipo. C’era il rischio che il momento intristito e negativo del Paese si ripercuotesse sull’immagine tradizionalmente pulita di questo sport, peraltro rilanciata dai trionfi popolari e organizzativi del mondiale maschile, giocato qualche settimana prima nella Polonia dal Pil in felice crescita.

2)      – La Nazionale Italiana era stata da pochi mesi affidata ad un allenatore che era uscito male dalla precedente esperienza (pur coronata da un titolo mondiale nel 2002), aveva litigato con le atlete e, da un decennio, non si occupava più di pallavolo femminile. Inoltre alcune fortissime atlete (Aguero, Bosetti) erano divenute indisponibili nelle settimane precedenti il Mondiale.

3)      – La copertura televisiva era stata accordata alla Rai. Di solito una garanzia per farmi venire un gran nervoso davanti allo schermo, per tradizione consolidata di impreparazione e approssimazione.

 

Invece le cose sono andate molto bene e due dei tre “timori” si sono rivelati infondati.

 

Una grande Nazionale italiana. L’Italia è arrivata quarta, prima delle europee, vincendo sette partite (fra cui quelle di qualificazione contro le due finaliste Usa e Cina) e perdendone tre (una contro la Repubblica Domenicana, che va a completare un gigantesco flop dell’estate 2014 nei confronti delle squadre caraibiche, visto che l’Italia di calcio aveva perso contro il Costarica e quella di volley maschile aveva perso contro il Portorico. A dirlo non ci si crede ancora).

Il girone eliminatorio di Roma era abbastanza facile, ma le azzurre hanno interpretato con intensità ogni partita, vincendole quasi tutte in bello stile. Le belle facce, i comportamenti puliti, gli entusiasmi sinceri, il gruppo coeso hanno immediatamente conquistato l’attenzione del pubblico televisivo, che poi è andata crescendo fino alla fine.

Bonitta è sembrato in pieno controllo del gruppo, di cui facevano parte due atlete (Piccinini e LoBianco) che erano fra le “insubordinate” che portarono alla sua cacciata. Tutti i veleni, però, sono sembrati scomparsi e tutti i problemi superati.

Nella seconda fase, a Bari, l’Italia ha costruito i suoi capolavori: entusiasmante 3 a 0 agli Stati Uniti (a mia memoria la più bella partita della nostra nazionale femminile, dopo la finale di Berlino 2002) e un non meno significativo 3 a 1 alla Russia, costato l’eliminazione alle bi-campionesse del mondo uscenti), nonostante fosse già acquisito il passaggio alla semifinale.

Il livello di gioco toccato dalle azzurre è stato massimale e sorprendente, sia nei valori individuali sia nella compattezza complessiva di squadra, dove tutte erano in grado di dare un contributo, piccolo o grande, coordinate da Bonitta

Nella fase finale (a Milano) il “fenomeno volley” è nuovamente esploso nella considerazione della gente, come ciclicamente accade, grazie alla Nazionale, senza che poi si riesca mai a “bloccarlo” su quei livelli alti, per far conquistare pubblico, sponsor e spazi televisivi anche per la pallavolo del campionato e dei club.

La Rai ha spostato le partite dai canali tematici a quelli generalisti e la risposta del tele-pubblico è stata forte. Purtroppo le ragazze non sono riuscite a vincere le partite, ma hanno “vinto” la loro sfida di immagine pulita, di impegno, di serietà e di spettacolo, facendo vacillare (quarto set perso 31/29) la grande Cina in semifinale e poi il Brasile nella finale per il bronzo (rimonta da 0-2 a 2-2).

Belle cartoline dall’Italia. Dico solo quello che ho visto in TV, non avendo letto molto. Riempire i palasport di Roma, di Bari e di Milano con il volley non è facile. Alla Nazionale rosa-azzurra è sistematicamente riuscito (13mila persone ad Assago per due giorni consecutivi!) e questo ha dato una confezione ottimale al “prodotto”, senza sfigurare nel confronto (comunque improponibile) con le folle che hanno avvolto il mondiale maschile giocato in Polonia e vinto nel delirio colettivo dalla nazionale di casa). L’organizzazione mi è sembrata ottimale, non ho visto disagi. Il bel pubblico del volley ha dato un’immagine del nostro Paese giovane, pulita, ottimista e creativa. Al giorno d’oggi questa impresa è quasi proibitiva per l’Italia ad ogni livello, quindi va salutata con sommo entusiasmo.

Valentina Diouf. Riserva nella prima fase del torneo, la ventunenne gigantessa milanese di origine africana è diventata imprendibile protagonista delle ultime due partite, purtroppo senza riuscire a sovvertire il negativo risultato finale, ma facendo strabuzzare gli occhi con i suoi colpi potenti e coraggiosi.

Mi piace dire che il piazzamento finale dell’Italia non è un quarto posto, ma è una medaglia di “bronzo chiaro”, come il colore della pelle di questa bellissima atleta, simbolo di una multi-etnicità felice e preziosa, che può aiutare questo disgraziato Paese ad andare avanti e che dev’essere vista come un’opportunità, non come una minaccia. E non solo nello sport! Mille, diecimila Diouf, con i loro talenti e la loro “fame” sono esclusi da ruoli importanti della nostra economia, occupati da bianchissimi e italianissimi scansafatiche, raccomandati, miracolati, paraculati da un sistema che non premia il merito, al tiepido riparo del distorto uso dell’articolo 18, delle piante stabili, dai protettorati politici, dai vitalizi, dai meccanismi improduttivi basati su “favori” e collusioni.

 

Le ragazze. Sono stato colpito dai comportamenti sportivi e positivi di tutte e dalle loro bellezze pulite (anche quella “letteriniana” della super-sventola Francesca Piccinini è stata pienamente funzionale allo spirito di gruppo, in cui la bionda 35enne è stata la capitana discreta e rispettata anche se poco in luce sul campo). Oltre alla Diouf mi è piaciuta Cristina Chirichella, con quel magnifico cognome da principessa di un cartone di Disney, indossato con bei sorrisi da napoletana allegra.

 

Bonitta. E’ una colpa personale che devo espiare pubblicamente. Non gli avevo dato speranze di riuscire bene in questa seconda avventura femminile. Mi ero sbagliato e mio non sarà il regno del volley. Ricordo un solo precedente di “vaticinio” così clamorosamente sbagliato, quando sostenni che Alex Ranghieri non poteva diventare un buon beacher. Solitamente sono prudente ad espormi in questo modo. D’ora in poi lo sarò ancora di più. Complimenti anche al presidente federale Magri, che con Bonitta ha centrato una scelta difficile e coraggiosissima.

 

Ravenna. In altre epoche la nostra città colonizzava la Nazionale, con l’allenatore (Sergio Guerra, negli anni Ottanta), membri di staff e tantissime atlete. Nel 2014 siamo rappresentati da Bonitta e per il resto… viviamo di ricordi: Costagrande e LoBianco (dagli ingialliti passati Teodora) e Kiraly (lui non ingiallisce mai). Torneremo mai lassù? Buon lavoro a chi ci prova

 

La RAI TV. Preparatevi: non sarò breve. Vent’anni fa la copertura e il servizio offerti per questo mondiale sarebbero risultati eccellenti. Ma in queste cose il tempo corre velocissimo. I maestri di Sky hanno imposto nuovi standard per il racconto sportivo, portando in alto l’asticella delle competenze e dei talenti richiesti ai professionisti della comunicazione per entrare nelle case di milioni di telespettatori (siano super esperti o semplici curiosi).

Le immagini (non so se prodotte dalla Rai, ma non credo) sono state di buona qualità. Gli spazi concessi dai vari canali Rai (prima specifici, poi generalisti per le fasi finali, addirittura con Italia-Cina lanciata su Rai Due in prima serata!) sono stati quantitativamente abbondanti, anche per coprire le partite in cui non giocava l’Italia.

Per il commento la Rai ha scelto un certo Maurizio Colantoni, che non conoscevo prima di stasera, essendo uno scarso fruitore di pallavolo televisiva. Colantoni ha un buon ritmo e parla un buon italiano (già qualcosa nel grigiore dei telecronisti dell’emittente pubblica) , ma è gravemente insufficiente nella conoscenza tecnica del gioco e dei suoi protagonisti. E appena la situazione da descrivere si arricchisce di qualche elemento “difficile” (uno schema, una regola particolare, una scelta tattica dell’allenatore), Colantoni deraglia e farfuglia qualcosa di incomprensibile o diventa stucchevolmente banale. Ha il pregio di conoscere bene i suoi limiti e quindi di solito evita di prendere posizioni troppo decise e si affida al suo (e nostro) angelo custode… la bella Consuelo.

Consuelo Mangifesta. Me la ricordo in campo come una tigre cattiva e combattiva, decisamente poco femminile. Ma fuori campo, dopo una doccia e in abiti casual, sapeva farsi notare ed ammirare. La ritrovo ancora molto attraente e sexy. E’ chiamata a fare da “super seconda voce”, intervenendo ad ogni scambio per puntellare una prima voce che si limita solo a descrivere l’azione nel modo più ovvio. Consu se la cava bene, forse parlando un po’ troppo ed esagerando nello sviscerare ogni azione con esasperanti tecnicismi. Ma è lei che tiene a galla la nave Rai.

 

Il salottino. Ad ogni pausa la linea passa ad un salottino con Andrea Lucchetta, affiancato da una certa Simona, con l’apparente ruolo di badante, insulsa e fuori contesto, che lo stimola con suggestioni irresistibili come “Allora, Andrea, cosa possiamo dire di questa partita?” guardandolo poi con aria stordita della serie “ma io che ci sto a fare qui?”

Lucky. E’ quello di sempre, spumeggiante, intelligente, arguto, ricco di argomenti, battutaro di discreto livello (“abbiamo brasato il Brasile”), conoscitore degli aspetti tecnici e umani del mondo del volley. So che a molti non piace: secondo me tiene l’ambiente allegro con gusto. Nelle ultime partite gli si affianca Claudio Galli, compassato e arcivescovile nei toni, ma attento e utile per i contenuti.

 

Sostanzialmente, la Rai fallisce l’occasione di “raccontare” il mondiale, di parlarci delle ragazze, delle loro vite, delle loro caratteristiche fuori dal campo. Di come si vive il Mondiale nelle case, nelle città, nelle società che partecipano al nostro campionato. Di proporre approfondimenti simpatici, anche per presentare le squadre e le giocatrici delle altre nazionali, per farci vedere qualche “dietro le quinte”, qualche intervista speciale…

Non si può, nel 2014, perdere un’occasione del genere, quando una delle ormai poche esclusive del servizio pubblico ha la fortuna di far spontaneamente innamorare mezza Italia (materiale su cui ora si fiondano giustamente magazine, quotidiani, e rubriche di altre emittenti, lieti dello spazio gentilmente lasciato). Le partite vengono troncate all’ultimo punto, con frettolose interviste di pochi secondi, spesso per dar spazio a trasmissioni insulse, come repliche di vecchi documentari in bianco e nero o pubblicità interne.

Dopo la finale il collegamento viene tagliato prima delle premiazioni per mandare la replica della conferenza stampa di Antonio Conte. E’ aggghhiacciandeeeaaa!!!

 

Karch. Questo uomo è legato ad alcuni dei ricordi più belli della mia gioventù. Lo ritrovo nel posto che per lui è abituale: il primo.

Ha avuto una sola vita a disposizione e l’ha dedicata a scrivere, caratterizzare e cambiare la storia della pallavolo. Ne avesse a disposizione altre dieci otterrebbe il medesimo risultato in qualsiasi attività umana decidesse di dedicarsi. L’ho trovato cambiato negli atteggiamenti, meno grintoso e fighter, ma fascinoso e carismatico come – a mio personale e sentimentale parere – nessun altro personaggio ha saputo essere nella storia dello sport.

Ancora grandissimo Karch! Un saluto da Ravenna, nostro invincibile campione

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