Vigor: un addio senza perché
- Scritto da Marco
- 30.03.2012 21:18.43
Una comunità tanto numerosa quanto incredula ha dato l’addio a Vigor Bovolenta, amico della pallavolo, amico di tutti, lasciandola nell’impossibile ricerca di un perché,,,
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E così Vigor riposa per sempre nel cimitero del piccolo paese che lo ha visto crescere, nello strazio di una famiglia colpita oltre ogni limite (anche il fratello scomparve giovanissimo, nel 1990) e accompagnato dal ricordo che non abbandonerà mai chi lo ha conosciuto e apprezzato.
Le scene di folla nel giorno del funerale non hanno aggiunto niente a quello che già si sapeva: Vigor si era fatto voler bene da tutti, in una vita breve, ma intensa (e oseremmo dire “felice”) che, grazie allo sport, lo ha portato in ogni angolo del mondo e sulla quale aveva costruito un sistema di affetti, che – adesso più che mai – deve mettersi all’opera per sostenere la bellissima famiglia che aveva costruito.
Vigor se ne è andato a Macerata, città già legata in passato ad un pesante lutto del mondo del volley ravennate. Stava giocando con il suo Forlì. L’infarto lo ha colpito a tradimento e gli ha spaccato il cuore. Soccorsi immediati (le cronache parlano di sette minuti), massaggio cardiaco e defibrillazione. L’autopsia non è ancora pubblica, ma l’impressione è che il colpo fosse maledetto e “imparabile”.
Si è discusso (lo si è fatto recentemente anche nel calcio) dei famosi “controlli”. Vigor era uno sportivo: di controlli ne avrà sicuramente fatti tanti. Uno di essi, vent’anni fa, lo fermò per qualche mese. C’è quasi sempre qualcosa che non va nel cuore di un uomo di due metri. Lo sanno tutti, soprattutto chi bazzica negli sport dei giganti. E’ una regola che si accetta con dolente fatalismo.
Ha senso togliere ad un ragazzo la possibilità di esprimere il proprio talento, di costruire una propria fortuna sportiva? Preservarlo dagli stress dei salti o delle corse, per poi, magari, vederselo portato via mentre sposta un mobile a casa della zia o mentre falcia il prato o mentre solleva un bambino?
Ciascuno resti della propria opinione. Io non riesco a pensare a un Vigor non pallavolista. Sembrava nato per giocare, per muovere per il campo quel corpo ingombrante. E, fuori di esso, per gestire le pressioni con serenità e stile.
Si dice anche che ogni palestra, fin nelle serie minori, debba essere “militarizzata” con ambulanze e defibrillatori. Rimarrà un pio desiderio, causa il costo intollerabile per la comunità di un simile progetto. I tempi di intervento di Macerata sono da considerarsi nell’eccellenza mondiale del settore, qualcosa di cui essere orgogliosi, seppur nella tragedia del mancato “miracolo”. Un campo di volley – per giocatori e spettatori – rimane, nonostante tutto, uno dei posti più sicuri dove spendere il proprio tempo.
Resta la Fede – per chi ce l’ha – in qualche incomprensibile disegno Divino. Agli altri resta il fatalismo. Stavolta era proprio scritto sui muri che dovesse finire così, che Vigor cadesse vicino a quel pallone – amico di una vita – che saltellando via, lo salutava per l’ultima volta.
Ora lo sguardo si pone su Federica (che ha sbalordito la piazza con il carattere dimostrato al microfono durante la cerimonia) e sui quattro bambini, chiamati, dopo la tragedia del lutto, al disagio del “dopo” . C’è bisogno che il gigantesco affetto creato intorno a Vigor si trasformi in gesti concreti, in ore di disponibilità, in figure riconoscibili e affidabili per le mille esigenze di una famiglia numerosa privata di un riferimento essenziale.
E’ qui che un mondo sportivo e una comunità cittadina hanno l’occasione di rivelare la loro grandezza.