Perché perché…

  • Scritto da Marco
  • 23.08.2009  16:06.14

Rispondo alle domande che spesso qualcuno incuriosito dal beach tennis, ma non molto informato, mi pone al bar…

Perché, perché…
Perché il movimento del beach tennis non si raccoglie compatto all’interno della Federazione Italiana Tennis, che rappresenta uno sport prestigioso e di grande visibilità come il tennis?
 
Perché la FIT si occupa di beach tennis da poco tempo e con modalità mutuate dal tennis, un po’ traumatiche da applicare immediatamente ad un gioco che deve la sua fortuna a dinamiche amatoriali e spontaneiste.
La FIT, inoltre, non offre – qui in Romagna e in altre regioni – significative occasioni di gioco: i tesserati sono pertanto costretti a lunghi spostamenti (a proprie spese, salvo rari casi riservati ai campioni) per inseguire montepremi ancora modesti e, ovviamente, riservati ai soli giocatori in grado di primeggiare.
La FIT penalizza con multe e squalifiche, coloro che svolgono attività non regolamentata (ovvero che giocano i tornei “del bagno” o quelli organizzati da sigle come IFBT o Consorzio Marchi, che per motivi di orgoglio, di interessi, o di conflitti personali, non sono confluiti nella FIT e che in regioni-chiave come la Romagna, controllano il 90% dell’attività)
Confluire in una prestigiosa federazione associata al CONI deve comunque porsi come traguardo di ogni sportivo che abbia a cuore la crescita della disciplina.
La condizione è che la FIT recepisca il beach tennis come movimento da disciplinare e far crescere e non come campo di coltivazione di tessere e interessi.
 
Perché il movimento non rimane all’interno della IFBT di Gianni Bellettini che 15 anni fa lo fece nascere?
 
Perché la IFBT è l’iniziativa individuale di un solo imprenditore (per quanto lungimirante e simpatico) mosso dal proprio fiuto, ma senza il rispetto delle più elementari norme che disciplinano l’attività sportiva dilettantistica, come l’elezione delle cariche, la trasparenza dei bilanci, ecc.
La commissione giudicante, inoltre, facente capo allo stesso presidente, agisce in modo persecutorio nei confronti di atleti e marchi, rendendo l’attività farraginosa e soggetta ad umorali cambiamenti.
Per quanto generosa e determinante per lo sviluppo (si pensi all’apporto decisivo nella crescita di tutti i movimenti internazionali) la IFBT non può porsi come elemento di riferimento per la crescita nazionale e internazionale di questo sport.
 
Perché il movimento non confluisce nelle gare organizzate dal Consorzio?
 
Il Consorzio Vision-Rakkettone-TomCaruso si è posto come organizzazione “residuale” pronta a raccogliere i transfughi delle due federazioni, stufi di diffide, minacce, multe e sanzioni. Ha organizzato eventi di livello e li ha aperti a tutti, lasciando (unico soggetto a farlo) liberi i propri giocatori di scegliere anche la partecipazione ad altri eventi.
C’è stata qualità organizzativa, buoni montepremi e giusto spirito: manca però la struttura legale, l’organigramma, la formalizzazione degli incarichi e il movimento si presenta ancora con le forme di uno spontaneismo che (se ce la facciamo) si dovrebbe superare
 
Quali sono i “plus” e i “minus” di ciascuna associazione?
 
Per la FIT i plus sono l’appartenenza al Coni e la conseguente (e purtroppo spesso solo teorica) linearità di svolgimento delle competizioni, dei tesseramenti, degli arbitraggi, delle elezioni dei dirigenti. C’è un grosso potenziale bacino di praticanti nei tennisti di tutto il mondo (ma ci vogliono incentivi economici più forti per intercettarli)
C’è la visibilità di un dirigente conosciuto come la star televisiva Massimo Caputi, un canale satellitare (Supertennis) che ospita molte immagini di beach e c’è l’ineguagliabile occasione di gala del torneo al Foro Italico, punto di visibilità più alto e prestigioso per il nostro sport.
I minus sono il cervellotico sistema sanzionatorio, l’incapacità di coprire tutto il territorio nazionale, l’attività internazionale ancora modesta e una certa farraginosità tutta romana delle strutture politico burocratiche che non si addicono ad un gioco da spiaggia.
 
Nella IFBT ci sono i plus di una tradizione più lunga e del merito della genesi; competizioni dalla storia consolidata come il Mondiale e il Fiorellini, numeri di praticanti più alti e giocatori di vertice molto forti, nonché un ruolo decisivo nell’apertura di fronti internazionali.
Per i minus non ho abbastanza spazio per scrivere…
 
Nel Consorzio il plus principale si chiama libertà. Il marchio Vision traina un interessante movimento internazionale che ha consentito una coppa del mondo di qualità sin dal primo anno di svolgimento. Il marchio Rakkettone è una squadra di amanti di questo sport organizzata ed efficiente. Il marchio Tom Caruso è un’apertura di fronte in una regione potenzialmente attiva come le Marche, con idee commerciali e di immagine interessanti.
Il Consorzio accoglie inoltre la coppia presumibilmente più forte sia in campo maschile che in campo femminile e un torneo dagli elevatissimi valori di montepremi e di interesse (Delfino di Cervia) nonché una prestigiosa copertura televisiva grazie a Sky Sport
Il minus potrebbe essere la conflittualità fra le varie anime oltre all’assenza di una struttura comune e coesa.
 
Cosa deve fare un giocatore che vuole giocare a beach tennis?
 
Se è un giocatore di prima fascia (entro i primi 50) farà una mera valutazione di opportunità: farà il conto delle proposte di ciascun operatore, del numero di tornei in zona, della propria disponibilità a viaggiare, dei benefit, degli avversari che potrebbe incontrare, del “socio” a cui potrebbe accoppiarsi e soprattutto dei montepremi che potrebbe vincere. Soppeserà il tutto e sposerà uno degli operatori. Hanno fatto tutti così. Giocatori “idealisti” che hanno scelto una sigla per convinzioni etiche o personali non ne conosco nemmeno uno (sottolineo: nemmeno uno). Al più qualcuno ha avuto le scelte facilitate dall’essere stato cacciato per qualche motivo da FIT o IFBT.
 
Se si è un giocatore di seconda fascia (appassionati, ma scarsi) o un amatore il fattore montepremi, ovviamente, decade. Si sceglierà la sigla che offre più tornei (se si vuole giocare tanto) o si faranno scelte casuali o legate ad amicizie e compagnie. Spesso si decide sulla base di un piccolo benefit come una racchetta, un gadget, una consumazione… Non sarà difficile, per una struttura ben organizzata, catturare in futuro questa fascia di praticanti.
Si precisa che buona parte della base praticante di questo gioco sa poco o nulla di queste complicate vicende….
 
Perché i giocatori non si uniscono in un’associazione e decidono a maggioranza dove andare a giocare e ci vanno tutti uniti?
 
Non può succedere. Spostare molti giocatori in una sigla (posto che sia possibile) significa lasciare invitanti spazi liberi nelle altre. Ripeto: giocatori idealisti non ne esistono. Ognuno cercherà il miglior posto al sole. Un’associazione giocatori (che peraltro sta costituendosi) non avrà al momento la forza di imporre alcunché ad alcunchì.
 
Potrebbero essere costituiti eventi “evangelici” aperti a tutti?
 
Magari! Al momento non si può. O di qua o di là. Se si sgarra si viene multati e/o squalificati. Anche il pugilato vive di federazioni distinte e conflittuali. Ma esse si riconoscono fra loro. Quando due di esse hanno un campione valido si procede all’ “unificazione della corona” con un match fra i due ricco di sponsor e di visibilità televisiva. Succederebbe lo stesso nel beach tennis se si decidesse di sdoganare un torneo (pensate il fascino che potrebbe avere un “Delfino” di Cervia, o un Foro Italico di Roma aperti veramente a tutti), ma finché prospera la corrente negazionista (“gli altri non esistono”) la richiesta del pubblico, della stampa, della TV, degli appassionati, di vedersi sfidare contemporaneamente tutti i migliori rimane un pio desiderio…
L’unica possibilità di confronto, finora, è stata in tornei all’estero (per esempio a Las Palmas o a Praga), dai montepremi modesti per cui non frequentati da tutti i giocatori, ma solo da alcuni e in forma para-turistica.
 
Come si esce da questa situazione?
 
Le proposte finora sono tutte timidissime e vengono rapidamente cestinate.
Io ne propongo una: ottenere da IFBT e FIT la limitazione (vicina all’azzeramento) delle sanzioni per chi viola il vincolo di appartenenza. Una piccola multa e si gioca ovunque. Ma per il momento non vengo ascoltato.
L’altra possibilità (forse augurabile) è che una delle tre “anime” divenga talmente ricca da rendere più fruttuoso (montepremi) un raggiungimento degli ottavi di finale nel proprio torneo, piuttosto che la vittoria in un torneo concorrente. Al momento la possibilità è remota, perché le tre anime offrono remunerazioni piuttosto simili… Inoltre ciascuna di esse è intimamente convinta che le altre due siano vicinissime alla smobilitazione
 
Tu, Marco Ortolani, se fossi un giocatore forte, cosa faresti?
 
Giocherei dove si guadagna di più e cercherei di usare il mio (eventuale) potere contrattuale e il mio(eventuale) carisma per fare pressioni sugli operatori per eliminare i meccanismi sanzionatori (anche a rischio di perdere qualche partita per mano degli “sdoganati.
Certo sarei in difficoltà a giocare dove i miei possibili avversari e addirittura i miei amici vengono squalificati senza motivi sportivi seri
 
Secondo te dove sono i giocatori più forti?
 
Mi sembra che i valori si distribuiscano abbastanza equamente fra i tre movimenti, con una preferenza dei laziali in FIT e dei romagnoli in Circuito e IFBT dettata dalla comodità di gioco.
Credo che gli amici Teo e Alex vincerebbero anche nelle altre sigle, grazie all’affiatamento e alla continuità che hanno costruito, ma che dietro loro un numero altissimo di coppie si contenderebbe ad armi quasi pari gli altri tre posti disponibili di un’ipotetica semifinale
 
Se fossi un investitore a chi daresti 100mila euro annui per tre anni?
 
Con quella cifra potrei dettare a chiunque le condizioni per uno sport libero, visibile, appetibile da altri sponsor e dagli operatori turistici. Li darei a chi mi garantirebbe tutto questo. Ma sfortunatamente non ce li ho…
 
Se ci pensassero gli stranieri?
 
Magari! Ma la vedo dura. All’estero apprezzano il nostro gioco, ci si scatenano, spendono qualche soldino, ma… non diventano bravi! Gli italiani si piazzano ai primi 10 posti della attuale top ten mondiale e mettono forse 90 coppie nelle prime 100. Quale investitore straniero potrebbe investire tanto per lanciare uno sport così stradominato da una sola nazione e, al suo interno, da due/tre province in tutto?
Per ora gli stranieri ci mettono passione e impegno. Ma non hanno soldi (gli americani si sono parzialmente disimpegnati e comunque giocano con racchette da tennis) e non hanno campioni. Difficile aspettarsi che prendano loro la leadership del movimento. Però possono dare interessanti contributi di entusiasmo ed organizzazione
 
Se i tennisti di rango giocassero a beach tennis?
Sarebbe in effetti il punto di svolta a livello di comunicazione e di immagine, sulla scia di quanto accaduto con i pallavolisti che lanciarono il beach volley.
Qualcuno ci ha anche provato, ma c’è un problema “tecnico”: un giocatore di tennis, anche molto forte, non ha grosse possibilità di vittoria e nemmeno di figura “decorosa” nel beach tennis. I tentativi del passato (Gaudenzi, Bracciali, Barabashnikova, Zvereva foto a fianco dawtawomenstennis.co.cc e diversi altri) hanno dimostrato che senza un allenamento specifico di alcune settimane non è possibile ottenere risultati significativi. Per convincere i tennisti bravi (magari quelli che nel tennis non hanno più prospettive di primeggiare) occorrono soldi e investimenti mirati, che per il momento mancano.
Allo stato delle cose i tennisti preferiscono quindi evitare la figuraccia.
 
Il beach tennis può diventare sport olimpico?
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Parliamoci chiaro: la risposta è NO.
Il CIO sta lavorando duramente per ridurre il programma olimpico, e non certo per ampliarlo.
Allo stato attuale dare al beach tennis la dignità olimpica significherebbe regalare all’Italia due medaglie d’oro senza colpo ferire.
Le specialità olimpiche devono dare una garanzia di planetarietà che al momento manca completamente sia come quantità (i praticanti italiani sono in numero pari a quelli del resto del mondo messo assieme) sia come qualità (a parte una coppia di Reunion nessuno straniero può insidiare gli italiani, che peraltro sono andati a vincere in America anche con racchette da tennis e con regole su cui i locali si cimentano da anni).
Per diventare sport olimpico nel 2020 (prima è impossibile) occorrono:
–         una montagna di soldi
–         stranieri che vincano ripetutamente i titoli
–         il traino di grandi sportivi di altri sport (soprattutto tennis, ma anche calcio, volley, ecc)
–         una federazione organizzata e (ovviamente) unita

Commenti a Perché perché…

  1. Il 21/09/2009 23:10:22 Andrea Zaffi ha detto:
    Articolo chiaro, limpido, cristallino…

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