Le allerte sono gialle, milioni di milioni…
I gravissimi eventi meteorologici dei giorni scorsi hanno attirato l’attenzione sui meccanismi preventivi attivati dalle autorità competenti per avvisare i cittadini, le cosiddette “allerte”.
Il 28 giugno era stata diramata un allerta “gialla” (ci sono anche l’arancione e la rossa, evidentemente riservate solo allo sbarco degli Ufo), la numero 56 (cinquantasei).
E’ evidente a tutti che proclamare 56 allerte in sei mesi equivale a non proclamarne nessuna, non essendo sostenibile, per il tessuto socio-economico di una comunità, assumere atteggiamenti emergenziali in modo così frequente. Nella assoluta maggioranza delle 55 occasioni precedenti, non era peraltro accaduto alcunché di rilevante e di “emergenziale”. Tant’è che mercoledì pomeriggio le strade erano piene di auto, molti bar avevano i tavolini fuori, i bambini erano a giocare, eccetera.
Il cittadino, quindi, sa benissimo che si scrive “allerta” ma si legge “potrebbe fare brutto tempo ma anche niente del tutto tanto si sbagliano sempre”.
Nessun ravennate ha avuto in anticipo la percezione di uno degli eventi naturali più drammatici e pericolosi del Dopoguerra. Il “servizio allerta” dell’Agenzia di Protezione Civile è pertanto depotenziato e sostanzialmente inutile. Anzi, è probabilmente piuttosto costoso e dispersivo di risorse, come evidenziato anche recentemente dall’inchiesta televisiva delle “Iene”. Non vorrei che, dopo i fatti di mercoledì, qualcuno si sentisse “assolto” tirando fuori dal cassetto il foglietto con l’allerta gialla (buona per un range che va da quattro gocce che non ci vuole neanche il tergicristallo all’eruzione di Pompei) come a dire “Visto? Ve lo avevamo detto!”
E’ impossibile – lo ammettono i meteorologi – prevedere gli eventi con anticipo (loro però lo fanno lo stesso, per rispondere ad una compulsiva e remunerativa richiesta del mercato). Non solo le devastanti tempeste, ma anche semplici acquazzoni o il vento (si pensi alle difficoltà e agli equivoci, pur con mezzi massimali, nelle gare di vela o di motori).
E’ impossibile rispondere con una certezza socialmente e statisticamente utile, con anticipo significativo (due/tre giorni, per non parlare di otto/dieci) a domande semplici come “potrò andare al mare?”, “potrò organizzare il pic nic in campagna?” “si potrà tenere il concerto?” “potremo andare in barca?” “potrò invitare gli amichetti di mio figlio ad una festa in cortile?”, “faccio il rinfresco di matrimonio in giardino o al coperto?” . Tant’è che, dopo un’attentissima analisi delle previsioni (che nonostante tutto non cessano di avere una inspiegabile popolarità presso lettori e fruitori internet, che si confrontano duramente su quale sia la fonte che “ci prende” di più, continuando senza sosta a frequentarle comunque tutte) si procede con fatalismo, incrociando le dita, a far quello che si era comunque programmato di fare. Quasi tutte le volte che si è deciso di annullare un evento per previsioni sfavorevoli si è stati amaramente smentiti dall’andamento reale del meteo (ricordo infiniti esempi).
Però… se non il giorno prima… almeno la mattina stessa… almeno due ore prima… anche, al limite, dieci minuti prima… c’era qualcuno di quelli che lavorano a questi studi, che potesse – con autorevolezza, senza tema di smentita, senza la vacuità dei “colori gialli” e dei “livelli uno”, con un’osservazione del cielo quasi ad occhio nudo – avvisare che stava arrivando un evento epocale, che metteva a repentaglio la vita di molte persone, di animali, le attività economiche, i patrimoni agricoli, i monumenti, gli arredi urbani, gli automezzi… ? Con la moderna velocità del web, dei social e delle connessioni smart, una notizia VERA, di fonte certa, avrebbe evitato alcuni rischi, soprattutto a soggetti deboli, anziani, bambini, animali… Tante volte anche un solo minuto può essere la barriera fra salvarsi o subire danni.
Per cui, dimostrato inefficace il metodo delle “allerte” super-anticipate, suggerisco di esporsi a previsioni solo quando si possa avere una comprovata, delimitata e significativa possibilità di delineare il fenomeno in arrivo. Questo sarebbe un vero servizio, senza trincerarsi dietro un’allerta colorata a cui nessuno crede più (tranne gli ultras del “infatti-l’avevan-detto“)
Marco Ortolani