Sanremo 2018 – Abbiamo vinto noi!
“A Clà… come è andata poi? Sai se abbiamo vinto noi?”
(da “A Clà”, andatevela a risentire, ché fa bene)
Sì che lo so, caro Clà. Oggi lo sanno tutti che hai vinto, che abbiamo vinto. E oggi ci fermano per la strada per farci i complimenti, come fossimo tifosi della squadra di calcio che ha vinto la Champions.
Noi sapevamo già tutto. Sognavamo già tutto. La grande domanda era: ma agli “altri”… piacerà? Quando mercoledì è arrivata quella fotocopia in sala stampa con i dati della prima serata avrei voluto urlare. Ce l’avevi fatta ancora! Infilando la classe e la genialità delle tue idee in metà dei televisori d’Italia, anche in molti di quelli dove di solito passano solo volgarità (“bugie, volgarità, calunnie, guerre, maschere antigas”, cit) e stupidaggini prive di arte e di talento. Ascolti record nella fascia dei laureati (i più alti nella storia del Festival da quando c’è questa rilevazione), delle ragazze, persino dei bambini, che presumibilmente hanno condiviso con i genitori una serata televisiva divertente e intelligente. Sono cose che restituiscono speranza ad un Paese che ne ha drammatico bisogno.
Ho vissuto il Festival da una posizione privilegiata e, per varie coincidenze fortunate, ho potuto vedere da vicino i protagonisti, ascoltarli, interagire, “leggerli” anche fra le righe, capendo molte cose che, viste alla televisione, si schiacciano e perdono nitidezza. Vi racconto il “mio” Festival attraverso i personaggi che lo hanno popolato.
Claudio Direttore. E’ il voto più alto che do. La vera grandezza non sta tanto nell’esecuzione del progetto, ma nel sogno ardito che ne è stato alla base. Si è preso rischi enormi, ha cacciato i mercanti dal tempio (gente che con la musica e con l’Italia non c’entrava niente). Ha fidelizzato una squadra di cantanti in gara che ha tutta remato dalla sua parte, lasciando persino che si “impicciasse” (parola sua) nelle canzoni (e pagherei per sapere i dettagli di ciascun “impicciamento”). Ha portato con se il passato (i tanti omaggi, le scelte di campioni “navigati” in gara) e lo ha coniugato al futuro. Insieme in uno stesso canto
Claudio Conduttore. Ha lasciato il metronomo del Festival in mano a Michelle, svizzera dal sorriso che incanta, ma dalla professionalità d’acciaio, persino spietata quando serve. Si è “affacciato” di tanto in tanto, lasciando sul palcoscenico coriandoli di classe, quando non troppo imbragato in battute (spesso mediocri) da leggere sul gobbo.
Claudio nei duetti. Insomma. Tutti sono stati emozionanti (per motivi geografico-affettivi scelgo quello con Laurina come mio preferito) per quella commistione fra grandi artisti che fa spettacolo già di per sé. Però tecnicamente l’unico che ha restituito al brano la stessa precisione e potenza di un’interpretazione “a solo” di Claudio è stato quello con Il Volo, i cui ragazzi hanno dimostrato maggior impegno rispetto a tutti gli altri che hanno fatto molti errori, depotenziando il risultato.
Claudio Cantante. Quando ha aperto la seconda serata con “Via” (da solo!) si è “spiegato” al meglio. Speravo in un inedito come sigla… ho rimediato un “popopò”, comunque carino e non troppo “opprimente” nei confronti dei cantanti in gara. Del resto (ed è una delle battute migliori che ho sentito) pare che “con i proventi Siae del Festival si sia comprato l’Alsazia e la Lorena…”.
Claudio comico. Inizio “morbido” come puntello all’uragano-Fiorello. Poi rivelazione (per gli altri…) con Virginia. Per i nottambuli splendido con Forrest e Frassica e la prestazione tecnicamente migliore con “I Discreti” nell’ultima sera. I duetti con le giornaliste (come vari altri punti dello show) hanno patito un limite di scrittura dei testi. Già lo schema del botta-risposta non mi era piaciuto al raduno con Pino Insegno (che è un ottimo comico) figuriamoci con tre non-attrici (che pure si sono impegnate) e con testi che non hanno fatto purtroppo ridere nessuno.
Claudio parlatore. Ecco, qui mi è un po’ mancato. Non tanto in trasmissione, dove i tempi erano hunzikerianamente rigidissimi per consentire la migliore espressione del suo eloquio avvolgente. Anche nelle conferenze stampa quotidiane ha sempre dato l’impressione di rimanere un passo indietro, di non voler consumare il suo repertorio migliore. Il monologhetto di apertura non era di grande qualità, infatti non lo ricorda nessuno. Un’occasione stranissimamente persa…
Il popolo di Claudio. Qualcuno è arrivato fin qui per non mancare a questa sfida tremenda del nostro eroe. Gli altri hanno spinto da casa. Il loro entusiasmo sgorgava dallo schermo del mio PC e avevo l’onore di raccoglierlo. Ha accompagnato questi miei giorni di felicità. Ero diventato il “baglionologo” della sala stampa, qualcuno mi ha anche chiesto qualche dritta. Siamo un grande popolo. Abbiamo scelto il migliore.
Favino. Era il mio attore preferito. Ora cos’è?
Michelle. Non spreco altre parole.
La Sala Stampa. Ho abitato per una settimana lì dentro. L’ho trovata piena di tante intelligenze, ma anche di tromboni sputasentenze con un’eterna verità in tasca, pronti peraltro a cambiarla appena gira il vento. Con alcuni sono arrivato muso a muso (come prevedevo sin da prima della partenza). E in un caso mi hanno anche dovuto trattenere. Sono state le uniche sgradevolezze in una città che sembrava finta, un parco giochi fatto di persone deliziose, camerieri, negozianti, vigili urbani, carabinieri, e sanremesi in festa. Che meraviglia.
LA GARA
Vorrei premettere che la mano di Claudio mi è sembrata evidente soprattutto dal punto di vista dell’umanità dimostrata da tutti (20 big + 8 nuove proposte) i partecipanti. 28 galantuomini (o gentildonne), 28 progetti di musica e di spettacolo, 28 artisti credibili, onesti, “alti”, positivi, educati, comunicativi… E’ stata una scoperta non aspettata, un regalo non scontato. Di stronzi, di esaltati, di presuntuosi, di maleducati, di sfigatti 🙂 non ne ho visti. Nemmeno uno! E dite che è poco?
Mario Biondi, Enzo Avitabile e Peppe Servillo. A chi mi conosce suonerà strano che cominci da questi artisti, i più lontani dai miei gusti e il cui brano in gara non ha modificato il mio modo di percepirli. Forse in altre occasioni me la sarei cavata con una battuta sarcastica. Ma sono proprio loro ad avermi “insegnato” di più. Mi hanno insegnato che ogni artista che si è presentato sul palco dell’Ariston (uscendo dalla severissima selezione della commissione presieduta da Claudio) era un grumo di talento, di idee, di passato, di esperienze, di studio, di passione forsennata per la musica. Non mi posso (più) permettere di prendere in giro tutto questo, io che non so nemmeno suonare il campanello di casa. Mi ha dato fastidio leggere cose drastiche (rivolte a loro o ad altri) tipo “mi fa vomitare”. Li ho visti raccontare la loro arte facendo vibrare l’orgoglio di poterla presentare ad un pubblico così vasto. Avitabile ripeteva con il suo pesante accento partenopeo “La mia musica in forma canzone…” con una sacralità che – se non gli fossi stato così vicino, fin quasi da sentirmi travolto dall’onda d’urto della sua passione – avrei giudicato retorica o eccessiva.
Le Vibrazioni e Skin. Il brano mi era piaciuto subito. Ma quando quella meravigliosa panterona nera si è messa a vocalizzare con Sarcina ho urlato al miracolo. Non so come lui possa aver mantenuto il controllo del brano. Mi è sembrata la cosa più bella del Festival fra quelle in gara. Continuavo a voltarmi verso gli altri come dire “ma lo vedete il prodigio?” e vedevo risposte del tipo “si, si… non male…” come a dire che nella musica ognuno vede e prova cose diverse. Ho votato sempre per loro, ho sperato che vincessero. Mi sarei sentito ben rappresentato da loro anche all’Eurofestival.
Stato Sociale e Zecchino d’Oro. Mi sono piaciuti tantissimo. Hanno ricalcato (e non è un reato né un peccato) la formula di Gabbani: un brano veloce, contagioso, con un testo finto (finto!) impegnato. La ballerina potevano risparmiarsela (simpaticissima, ma non ha aggiunto molto), mentre l’idea dello Zecchino è stata geniale. Sarei andato ad abbracciare tutti i bambini alla fine. Sono una grande eccellenza italiana e non hanno assolutamente bucato i palloni alla festa dei grandi.
Una domanda su un passaggio del ritornello, quando dice “un mondo diverso (…) senza nessuno che dice se sbagli sei fuori”. Secondo voi cosa vuol dire?
Stash (The Kolors) e Nina Zilli. Due creature invase di bellezza, di grazia, di classe, di eleganza, che hanno presentato brani di grande qualità, hanno distillato parole raffinate in ogni incontro… Do ad entrambi un consiglio: procuratevi qualche buon difetto (su internet ce ne sono parecchi) perché è veramente l’unica cosa che vi manca.
Elio e le Storie Tese. La canzone non è piaciuta a molti (complicatissima con un numero assurdo di accordi, con un testo che tuttora non capisco). Ma quando li ho visti in parata, mano sul cuore, a salutarci con il loro “Arrivedorci” mi sono alzato anch’io, quasi commosso: “Arrivedorci ragazzi! Grazie di tutto! Vi ho voluto molto bene”.
Moro-Meta-Mircoeilcane. Intensi, talentuosi, equilibrati e coraggiosi nello sferrare il pugno alla bocca dello stomaco del Festival. I primi hanno vinto, il secondo quasi. Ma cambia poco. Resta il segno profondo che hanno lasciato sull’anima nera del nostro mondo.
Ron. In conferenza gli ho urlato “Viva Lucio!” e lui mi ha risposto con gentilezza e sentimento: “Viva Lucio”, come fosse la prima volta. Ti abbiamo aiutato tutti a spingere il tuo canto fin lassù, dove il tuo e nostro grande amico potrà sentirlo
Barbarossa. Visto e ascoltato da vicino. Una persona di una gradevolezza unica, di valori forti e sereni. Il suo brano è stata una carezza.
Red Canzian. Ecco un’altra rivelazione. Uno che senza le parole di presentazione avrei definito frettolosamente “un Pooh che ce prova…”. Ha spiegato il suo progetto musicale. Ha detto (e io gli credo) che è tornato al tempo pre-pooh, quando pagava a rate le 5mila lire che servivano per comprare a Treviso la prima chitarra. Un uomo vero, un artista vero, una passione ancora “giovane”.
Lorenzo Baglioni. Faccia da birbante e passo da genio-arlecchino, coltissimo, simpaticissimo. Ho votato sempre per lui. Come si fa a non volergli bene? Ha scherzato con me sull’omonimia, che non percepisce come un limite. Io però lo chiamerò sempre e solo “Lorenzo”.
Leonardo Monteiro. L’episodio più divertente. Lo avvicino e gli dico “Nella prossima vita, per i capelli, facciamo metà per uno!” Mi ha fatto una festa obiettivamente superiore alla modestia della battuta… Bel cuore.
Annalisa, Noemi, Alice, Eva, Giulia, Ornella (stavo per entrare con lei in ascensore… chissà se mi avrebbe chiesto se per caso io e lei avevamo mai fatto l’amore)… Ragazze mi dispiace, ma stavolta è stata una gara soprattutto maschile.
Duccio Forzano, Geoff Westley, Trixie Zitkowsky, i professori dell’orchestra, le coriste… FE-NO-ME-NI di capacità e disponibilità. Spero che tutti se ne siano resi conto, che tutti lo sappiano.
Marino Bartoletti. Il mio unico selfie, da vicino di posto della sala stampa. La mia unica foto. Nemmeno un autografo da nessun altro. E nemmeno una parola scambiata con Claudio, nemmeno le volte che ce ne sarebbe stata una comoda possibilità. Sono fatto così. I ricordi di Sanremo me li porto via nel cuore e nella memoria.
Un giorno qualunque un suono soltanto
Che nasce dovunque e dura chissà quanto
Ciascuno è chiunque Lontano e qui accanto
Insieme e comunque in uno stesso canto.
Attraverso i tuoi articoli e i tuoi commenti, per una settimana è sembrato come essere presente a Sanremo all’interno dell sala stampa e vivere quella magica atmosfera… Grazie Orto!!!
Antonello
Scrivi bene e già te l’ho detto.
Per quanto concerne il Festival direi un tripudio nonostante il Ragazzo mi sembrasse, almeno all’inizio, un po’ ingessato.
Se fossi in Lui non ripeterei l’esperienza subito.
Aspetterei l’inevitabile calo d’ascolti del prox festival e tornerei poi da vincitore.
Saulo