Elezioni 2018 – Come far finta di scoprire adesso quello che è da sempre fin troppo chiaro…
Tutti i partiti politici hanno condotto la campagna elettorale come se fossero assolutamente CERTI di prendere la maggioranza assoluta dei voti. Per cui sono stati violentemente conflittuali con tutte le altre forze.
I risultati delle elezioni propongono dei cosiddetti “vincitori” e dei cosiddetti “sconfitti”. Il risultato può avere un significato politico (evidenziando l’orientamento dell’elettorato), ma uno scarsissimo significato ai fini del governo della cosa pubblica, che è il motivo per cui si va a votare (non è che si va a votare per vedere chi “vince” o chi “perde” come quando si fa una partita di calcio e come molti temo che pensino).
Il risultato elettorale era quello ultra-prevedibile alla vigilia. Nessuno dei competitor ha la maggioranza e nessuno (nessuno!) ha elaborato una gestione del “post”. Sembra che tutti abbiano preso in mano il foglietto con i risultati e dicano “è successa una cosa inimmaginabile… non ha vinto nessuno… e adesso come facciamo?”.
Io mi domando: ma, di mestiere, fate i politici o i salumieri (con rispetto per la categoria)? Non sapevate che finiva così? ADESSO vi ponete il problema? ADESSO cominciate a telefonarvi l’uno con l’altro con toni del tipo “scusa, pezzo di merda di un fascista, saresti per caso disposto a fare una maggioranza con me?”, “Scusa amico dei negri che fai festa quando viene svaligiata una casa, ci saresti per dividerci qualche ministero?”.
Si arriverà (se ci si arriverà sani) al risultato che qualunque maggioranza espressa farà imbufalire sia chi la appoggerà (perché dovrà digerire un’alleanza mai presa in considerazione, ma anzi fieramente osteggiata in ogni occasione) per non parlare di chi non ne farà parte. Una situazione che ha una sola chiave di lettura: chiunque avrà responsabilità di governo avrà già confezionata la scusa per non fare quello che aveva promesso di fare. Sarà sempre colpa degli “altri” che freneranno e costringeranno a mediazioni e cambiamenti di programma.
D’istinto si potrebbe reagire dicendo: “che classe politica schifosa…”. E’ vero. Anche perché per arrivare ad essere classe politica bisogna passare un percorso talmente logorante e assurdo (fasi comunali, provinciali, congressi, incontri, sotterfugi, pugnalate alle spalle, cordate di potere… e senza mettere in tasca una lira, almeno nella fase iniziale) che allontana qualsiasi cittadino, magari anche capace e di buona volontà, che preferisce stare in famiglia a guardarsi la partita, rimanendo convinto che a lui non lo farebbero mai entrare in quei giochi di potere (e invece non sa che ormai basta mettersi una giacca, partecipare ad un paio di incontri e sei già nella “macchina”; un po’ di pazienza e i traguardi più alti sono moooolto più vicini di quanto si pensi, come dimostra la processione di improvvisati che sta per entrare a Montecitorio ad abbeverarsi di superstipendi e di macrobenefit). Resistono solo degli higlander con superpoteri di pazienza, di fegato, di stomaco, di pancreas.
Ma supponiamo che una classe politica responsabile avesse mosso i passi per un’alleanza PRIMA delle elezioni. Si sarebbero levate proteste talmente scatenate (“state preparando l’inciucio! siete i soliti commercianti di poltrone! cosa non fareste per uno stipendio e un incarico!!!”) che ciascun partito avrebbe faticato a tenere a bada i “suoi”, e avrebbe sicuramente perso credibilità, consenso e, quindi, voti.
Quindi, come sempre sostengo, la “colpa” o i “meriti” (a seconda che le cose vadano bene o male) sono sempre del popolo, della gente, degli elettori, dei consumatori, dei cittadini, di quelli che “non contano niente” e che in realtà comandano, orientano, dispongono, decidono più di tutti. Più di misteriosi poteri forti (riassunti nella frase ad effetto “se votare fosse importante non ce lo farebbero fare”) che in realtà non esistono; più di caste di intoccabili (che tali non sono), più di lobby segrete (che nessuno sa mai da chi siano composte e quanto e quale potere realmente abbiano). Sono tutti giganteschi alibi per non dire “è colpa mia, è colpa nostra”. Ricordano molto la costruzione dei miti religiosi che tutti i popoli, da che mondo è mondo, si sono imposti, per non dover credere alla dura verità di essere polvere e di non contare un cazzo.
Un’ultima riflessione. La legge elettorale, il problema più sopravvalutato della storia politica. Una specie di “mito”. La legge elettorale (qualsiasi essa sia) per definizione “fa schifo”. Lo sento dire da sempre. E’ una porcata, una schifezza, è incostituzionale, bisogna riformarla, è fatta da persone cattive per far vincere i cattivi e far perdere i buoni. O, in alternativa, per creare solo del casino.
La legge elettorale in realtà è solo una formuletta aritmetica. Occorre trovare il 51% dei parlamentari che siano d’accordo per un governo. Come si può fare? Stavolta abbiamo votato con il proporzionale, come si faceva quando ero ragazzino. Ovvero ogni cittadino vota il suo partito e se nessuno raggiunge il 50% il presidente dà incarico al leader del partito che ha preso più voti di andare dagli altri partiti a vedere se qualcuno ci sta. Una volta il paziente leader democristiano di turno (Moro, Andreotti, Fanfani, Cossiga…) andava da repubblicani, liberali, socialisti, si faceva coprire di insulti, si faceva strappare concessioni sul numero dei ministri (e puntualmente scontentava tutti, compresi i “suoi”) e si presentava alle camere con una striminzita maggioranza. Era un Paese che aveva ancora un concetto di unità e di responsabilità (anche delle opposizioni). Adesso voglio vedere come faranno, ma unità e responsabilità sono valori abbondantemente scaduti come la peggiore delle mozzarelle.
Oppure (come in qualche modo era nella precedente legislatura) si dà un mega-premio di maggioranza al partito che prende più voti, consentendogli di governare da solo. In quest’ultimo caso un partito con poco più del 30% (e con il rimanente 70% ultraconflittuale contro di esso) potrebbe imporre la scelta del presidente del consiglio e di tutti i ministri. A me piaceva, ma è stato considerato un metodo profondamente antidemocratico.
Oppure si potrebbe votare col doppio turno: i due partiti più votati passano alla finale di Champions e se la giocherebbero ai rigori. Ma il rischio è lo stesso del metodo col premio di maggioranza: governare con una nominale maggioranza che corrisponde in realtà sempre al solito terzo dei voti, se al secondo turno gli elettori fedeli agli altri partiti non ammessi non andassero a votare, come è probabile).
Sono tutti metodi validi. Il problema non è il meccanismo aritmetico, che è neutro per definizione e non favorisce nessuno.
Il problema è ritrovare un concetto di unità nazionale, di relazioni fra le persone e fra le classi sociali; di onestà intellettuale (non solo dei politici: di tutti!), di rimettere al centro del proprio percorso di vita il lavoro, l’amicizia, le regole, l’ambiente, la condivisione scrupolosa delle poche risorse disponibili, la cultura, una sessualità sana, le discipline più spicce: quella scolastica, quella stradale, quella della buona educazione e del rispetto delle opinioni.
E tutto questo, cari connazionali, è compito unicamente nostro. Non pensiamo che uomini logorati da percorsi politici pieni di veleno e di bassezze possano risolverceli. Nemmeno una mano possono darci. Dovremo fare tutto da soli. Siamo spacciati?