Tonino al Foro

Racconto per il concorso “Dai gesti bianchi… ai gesti noir” organizzato in occasione degli Internazionali BNL di Tennis al Foro Italico di Roma. 

 

1.

Il treno locale per la città passa dal mio paese alle 7.26, ma è spesso in ritardo. Qualche volta di dieci minuti, altre volte di diciotto. Una volta di ventisei.

La mamma quindi ha preferito accompagnarmi con la macchina e intanto mi fa un ripasso delle istruzioni: “Devi prendere il treno per Roma. Arriverai alla Stazione Termini, che è grande e affollata. Lì devi stare molto attento, perché c’è anche tanta gente malintenzionata. Non devi parlare con nessuno… Ma questo… che te lo dico a fare?”., ridendo della sua stessa battuta. A me piace tanto quando ride, anche se io non ricambio mai la risata.

“Devi scendere alle metropolitane e prendere quella per Ottaviano. Da lì te la fai a piedi, ché ti fa bene. Sono 20 minuti. La strada la trovi con il navigatore sul telefonino. E’ una bella passeggiata. Arriverai al Foro Italico. Ricordati bene cosa dice sempre papà: se sei un atleta di qualsiasi sport devi passare da quell’angolo di Roma almeno una volta”.

Il navigatore ora dice che sono molto vicino. Uno ragazzo straniero mi regala un giornale di quelli gratuiti. Come al solito sono lento a fare il movimento per accettarlo. Lui va di fretta e mi dice “ahò! Lo prendi o no?”. Lo prendo. In prima pagina uno scrittore osserva: “Il Foro Italico del tennis, la piscina dei Mondiali, lo Stadio Olimpico del calcio e del rugby, con la pista per la grande atletica. A cinquecento metri il palasport per la pallavolo, la pallacanestro e altri sport indoor. E il Tevere per gli allenamenti di canottaggio. Le altre capitali mondiali dello sport – Londra, Parigi, New York, Madrid, Los Angeles – possono avere impianti anche più grandi e più belli, ma nessuna di loro li concentra così vicini”.  Sembrava di sentir parlare lo zio in persona, che aveva fatto il soldato a Roma e la conosceva bene.

Ma quello che vedo, mentre mi avvicino alla zona del Foro, è più di quello che mi aspettavo. C’è un sole meraviglioso; in lontananza vedo palazzi e basiliche importanti, il Tevere scorre lento e romantico, i ponti sono monumentali e vorrei attraversarli tutti. Non ho mai visto le altre grandi capitali, ma so già che non possono superare questa bellezza. Tanta gente sta andando festosamente nella mia stessa direzione. Stanno parcheggiando i pullman dei tennis club di tutta Italia. Sono già tutti miei amici, anche se, come al solito, non riuscirò a parlare con nessuno. E’ il popolo del tennis. Andiamo tutti là. Sarà una giornata indimenticabile.

 

2.

Mi leggono il biglietto elettronico e supero le transenne. E’ tutto più bello di come lo abbia sempre visto in TV. Cerco di orizzontarmi. Mi danno un sacco di pieghevoli e di programmi. Sento un piccolo urto. E’ una ragazza bionda che mi ha superato camminando di fretta. Indossa un vestitino colorato e leggero. Si gira e mi dice: “Ciao. Scusa” con un sorriso pieno e uno sguardo buffo. La guardo incantato. Lei riprende a camminare in fretta, ma dopo un passo si volta ancora verso di me: “Benvenuto!”. Rimango paralizzato, immobile sul posto. Mi è sembrato di vedere la più bella ragazza del mondo. Credo anche di aver capito chi è. E si è fermata per salutare me!

“Dai, famme passà!”

Non reagisco.

“Dai, famme lavorà”.

Non riesco a muovermi, mentre la nuvola bionda raggiunge uno dei box e sparisce dal mio orizzonte.

“Qua tante belle ragazze, ma famme passà”

Una voluminosa donna di colore, con la divisa delle inservienti, deve cambiare il sacco nero della spazzatura, ma fino a che non tolgo di mezzo i miei 100 chili sarà un problema.

Con una mezza spinta – affettuosa, ma decisa – si fa finalmente largo. Mentre svolge l’operazione-sacchetto dico: “Non avevo visto…”.

“Tu guardava ragazza… molto bella”

“No… io…”

“Tu guardava ragazza, ma sei timido”

“Sì”

“Come ti chiami? Ti piace il tennis?”

“Tonino. Il tennis è la mia vita. Lo guardo sempre in TV”

“Io… chiamami Serena. Qui è tutto tennis. E’ tutto bello. Io devo lavorare, ma vedo tutto. Tu devi essere meno timido”

“Serena come… “

“Io mi chiamo Hamidah… Ma lavoro qui da quattro anni e ho capito che se dico Serena tutti sono più gentili con me. Ragazza bionda va sempre là”.

Seguo la direzione del dito di Serena e me ne vado, senza neanche salutarla.

 

3.

Sono ai bordi degli studi televisivi di “Blu Sport”. C’è una luce fortissima e sul tavolo, al centro del salottino, c’è un grosso oggetto scintillante. Non vedo la ragazza bionda (ormai sono sicuro che sia lei), mentre c’è Stefano che conduce al microfono: “Oggi Blu Sport dedica il salotto all’Insalatiera della Coppa Davis, che l’Italia vinse nel 1977 in Cile per l’unica volta nella sua storia. Ne parleremo con tanti ospiti…”

Il programma dice che fra poco si allenano Ruggero e Raffaello e ci saranno alcune partite importanti, ma mi trovo bene qui, vicino all’entrata dello studio televisivo. Non sento bene quello che dicono, ma riconosco quasi tutte le persone che entrano ed escono. E fra un po’ arriverà anche Eleonora, la ragazza bionda.

Purtroppo non sto simpatico al ragazzo di security che gestisce il traffico. “Ahò! Ma devi proprio sta’ qua? Mettete più de llà…  Mettete più de qqua… Ma vvatte a vedè e partite… Ma vatte a magnà un panino!”

 

4.

L’insalatiera ora è completamente coperta da un pesante drappeggio tricolore che dovranno togliere più tardi, con una piccola cerimonia.

Sono entrati Adriano, Corrado, Paolo e Tonino. Li riconosco bene per aver mandato a memoria le immagini di quegli anni. In particolare i baffetti di Tonino sono diventati bianchi. Vorrei avvicinarmi per dirgli che mio padre mi ha chiamato come lui, perché ero arrivato come quarto figlio e lui era un po’ il quarto di quella squadra, perché non giocava quasi mai.

Quando lo vedo dico con la mia voce sgraziata “Tonino!” e provo ad avvicinarmi. Ma il ragazzo della security mi blocca subito. “Ahò! Se stai qua non devi rompe!”. Tonino non si è accorto di me. Eleonora invece ha quel favoloso sorriso che le accende sempre il volto. Incrocia il mio sguardo e fa un gesto dolce con la mano verso il basso, come dire “calma, abbi pazienza”.

In un angolo c’è Rino, un vecchio giornalista. Se ne sta seduto vicino al frigo dei gelati ed è già al secondo cremino.

Poco fa è arrivato un tizio seguito da un sacco di gente che faceva dei cori per lui. E’ l’unico che non ho riconosciuto. Mentre Stefano lo intervistava ho capito che era cileno. Forse un ex calciatore che qui a Roma conoscono bene. Dice che da bambino gli avevano raccontato spesso di quella finale di tennis contro l’Italia. Con lui c’è Marcelo. Posano insieme con la loro bandiera. Portano una cassa di vino cileno che Stefano stappa e versa nei bicchieri di carta per un brindisi generale. A me non ne danno, ma tanto non bevo mai.

Poi dieci minuti di finimondo. Arrivano Ruggero e Raffaele prima di andare alla seduta di allenamento. Sono seguiti dalla security del loro sponsor che porta borsoni giganteschi pieni di gadget che tirano ai ragazzini, anche per tenerli un po’ lontani. Posano vicino all’insalatiera, che è ancora coperta dal tricolore, per aumentare la suspence – dice Stefano – del momento in cui verrà scoperta e riproposta al pubblico italiano, che ne aspetta una nuova da trent’anni.

Nel fondo del salottino Serena è passata con un altro saccone nero per portare via i gadget rimasti a terra e rimettere un po’ d’ordine. Mi spingo verso di lei, vorrei chiederle se da lì può parlare con Eleonora e dirle che… Ma arriva il ragazzo: “Ahò… a pezzo de diversamente magro! Come te lo devo da dì?” e mi spinge indietro.

Ora il microfono è passato ad Eleonora, illuminata dalle luci piene dei fari. Sorride. E quando sorride sembra sempre domenica. Intervista Nicola e la conversazione si spinge anche su storie di torture, di violenze di stato, di dittature… Eleonora gestisce con grande disinvoltura anche questi argomenti.

Poi gli ospiti vanno quasi tutti via. Un tecnico ordina ad Eleonora “Fai lo speech!”. Eleonora si alza in piedi e fa un riassunto della giornata. E’ vicinissima a me. Anch’io la sto riprendendo con il tablet. Adesso ha finito di parlare e si è seduta sul divanetto. Si è fatta quasi ora di pranzo. Serena prima mi ha detto di essere meno timido. Potrei chiederle se viene con me a pranzo da Alice. Offrirò io e farò io la fila per lei, se non vorrà  stancarsi… Mi avvicino con il tablet, ma Stefano mi passa a fianco e mi fa perdere l’equilibrio. Inciampo su un cavo elettrico, cerco di non mollare il tablet, ruzzolo in avanti e finisco esattamente con la faccia sopra il bordo del vestitino di Eleonora, che ferma con le mani la mia corsa e mi aiuta a rialzarmi.

 

 

5.

E’ un casino. Il ragazzo della security mi piomba addosso “E mo’ te la faccio passà la voja de rompe li cojoni!”. Mi prende per la maglia e mi trascina fuori. Eleonora si rialza spaventata, ma bisbiglia qualcosa “aspetta… aspetta…” come a cercare di capire meglio cosa sia successo. Anche il giornalista Rino, lascia il suo posto riservato vicino al frigo gelati per avvicinarsi ed eventualmente rendersi utile. Ci sono anche cinque o sei ragazzini di una scuola di tennis di Verona che lo sono venuti a salutare che si mettono dietro lui. Stefano dimostra che l’eleganza non è solo un bel paio di occhi azzurri o una giacca ben portata. Appoggia una mano sul ragazzo della security e con voce pacata gli dice “E’ stata colpa mia, l’ho urtato io… non voleva…”. Il ragazzo allenta la presa sulla mia maglia e conclude “Vabbè, nun lo gonfio, però fammelo portà via!” e mi dà un ultima spinta fuori dal salottino.

Guardo il tablet che sta continuando a registrare. E mi sento dire da dietro “Fatto casino!”

Serena.

“Ma io volevo…”

“Tu volevi parlare con ragazza bella”

“Volevo invitarla da Alice”

“Invita me. Io ho finito adesso”

 

6.

Si sta bene con Serena. Parla sempre lei e non fa commenti sul fatto che non le rispondo quasi mai. Siamo andati anche a vedere una partita al “Pietrangeli”, perché lei non ha il biglietto per entrare nelle arene. Ma io ho rinunciato volentieri. Adesso mi vuole portare a vedere un doppio sui campi laterali.

Percorriamo qualche metro e vedo che c’è un sacco di gente intorno allo studio di “Blu Sport”. C’è anche Eleonora che per la prima volta non sorride e mi sembra anche dica una parolaccia ad un uomo che le fa delle domande.

I ragazzi della security sono diventati quattro e sembrano agitati. C’è anche un certo Angelo che sembra il capo e fa domande a tutti. Stefano è seduto in un angolo e, diversamente dagli altri, sembra divertito, anche se cerca di non farlo notare.

 

7.

“Dai ragazzi, non scherziamo e risolviamo in fretta questa faccenda. Guai chi chiama la polizia e chi avvisa la telev… ah, la televisione siete voi. Bravi. Se esce un fotogramma vi faccio chiudere domani mattina”

Angelo sembra quello che comanda e quello che è più incazzato.

“Eleonora vaffanculo!”

“Non accetto di essere trattata così”.

“Stefano, che cazzo ridi? Io non c’ho un cazzo da ridere”

“Vabbè, Presidente, qualcuno avrà fatto uno scherzo. Dove può andare uno con la Coppa Davis?”

“Dimmi esattamente chi è passato di qui! Non ti dimenticare nessuno”.

“Eh vabbè, io, Eleonora, i tecnici, Nicola coi ragazzi della Davis, i cileni, Raffaello e Ruggero con il loro seguito… la ragazza di colore delle pulizie… Là, vicino al tavolo dei gelati, è stato sempre seduto Rino, lo sono venuti a trovare i ragazzi del tennis club Verona…

“I ragazzi li stanno controllando. Ma mi riferiscono che sembrano in ordine”

“Aho… un momento presidè… è entrato anche quer testa de cazzo che sta laggiù! Sto gran morto de fr…”

“Portamelo qua!”

Di nuovo quella manaccia sulla maglia. Vengo portato dentro. Due tecnici stanno ri-proiettando lo speech di Eleonora, ma le inquadrature sono strette su quel viso che non ha bisogno di altre luci e non si vede niente di quello che può essere accaduto dietro. Nelle immagini girate qualche mezz’ora più tardi, mentre noi eravamo al tennis, si vede Stefano che solleva il drappo tricolore e – dove ci doveva essere la Coppa Davis – c’è una terrina di plastica cinese. Al posto della mitica Insalatiera c’è… un’insalatiera vera, di quelle da due euro. Ridono tutti.

“Allora??? Ne sai un cazzo tu? Mi rispondi o no? E porta anche qua la signora… come si chiama… Serena! Eleonora: questo fila dietro a te, sei tu che puoi farlo parlare”

Eleonora parla senza sorridere più. “Credo stesse facendomi una foto col tablet, poi è scivolato…”

Io riesco a dire: “Video”.

“Ah… quindi abbiamo un video del momento più incasinato della mattinata e voi non ve lo siete fatto dare?”. La voce del presidente era diventata un tuono: “Tira fuori quel cazzo di video!”

 

8.

Sono paralizzato dalla paura. Serena sembra aver già capito un sacco di cose di me. Fruga nello zaino, estrae il tablet e me lo passa. Io lo accendo e trovo il filmato e Angelo mi prende il tablet dalle mani.

Nel desktop ci sono anche almeno 30 foto di Eleonora. Il ragazzo della security urla “Aho, je hai fatto er bookke!”

Nel filmato Eleonora parla davanti alle luci che poi si spengono e la seguo mentre va a sedersi sul divanetto. Poi si percepisce l’urto che ricevo e l’immagine va sottosopra per qualche secondo e si stabilizza solo quando sono addosso ad Eleonora, su un suo primo piano fin troppo stretto. Poi altre immagini disordinate mentre mi rialzo. Si vedono i ragazzini del circolo tennis che avanzano verso di noi e coprono la vista del tavolino con la Coppa, come facendo da scudo. Dietro di loro succede qualcosa.

“Ferma! Ferma! Ferma!” Dicono contemporaneamente Angelo, Stefano, Eleonora e il ragazzo della security, che aggiunge subito: “Daje, Crime Investigator, torna un po’ indietro, perché me sa che hai fatto giornata!”

 

9.

“Rino! Ma che cazzo ti salta in mente???”

Il decano dei giornalisti è stato rintracciato in tutta fretta. “Si tratta del terzo furto di Insalatiera nella storia della Davis – dice – gli altri due si sono verificati entrambi in Australia; il primo durante una regata di vela e il secondo durante l’esposizione ai Giochi del Commonwealth…”

“Vabbè, vabbè… le tue statistiche… “

“Stavo aspettando il momento giusto per intervenire. Erano tre giorni che avevo messo l’insalatiera di plastica nella borsa. Con l’amico dei gelati aspettavamo il momento per la sostituzione. L’abbiamo messa nel frigo e poi l’ha portata via con il camioncino con i cartoni dei gelati, quando li ha sostituiti”.

“Grande Rino!” dice qualche curioso intorno a noi “Circoletto Rosso!”

“Vabbè, e dov’è adesso?”

“Volevo farla ritrovare il giorno della finale sopra la mattonella della Walk of Fame dedicata a Nicola. Trovo insopportabile che molti giovani appassionati non conoscano la storia di quella Davis, di quegli anni in cui Adriano vinceva Roma e Parigi e, con Corrado, stava fra i primi 10 del mondo.  Nella cultura tennistica l’Italia è solo a trentasettesimo posto dietro a…”

“Basta! Mandatelo via prima che gli tiri un circoletto rosso alla mascella, così gli faccio ricordare un’altra sua grande passione sportiva… E date un pass per il box FIT del Centrale a ‘sti due”.

“Li accompagno io” disse allegramente Eleonora che, durante la passeggiata, aggiunse: “Qui al Foro cercavano un racconto noir. Questa nostra avventura potrebbe quasi essere adatta, ma… non c’è stato abbastanza noir…”

“Come??? – urlò Serena – Io non sono abbastanza noir secondo te???”

 

 

Marco Ortolani 

 

 

 

 

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