Sanremo 2019: Claudio regala all’Italia un divano nuovo

Un Festival di Sanremo all’insegna del profondo e coraggioso rinnovo generazionale. Le canzoni in gara non mi sono piaciute; è stata deludente la sezione comica, sulla quale avevo grandi aspettative. Le grandi emozioni sono venute dagli ospiti (tutti di grande livello), dalle prodezze di Claudio (soprattutto nelle ouvertures) e da qualche numero di Virginia… Non era importante che il Festival piacesse a me: sono stato felice che sia piaciuto ai giovani.

Il racconto del Festival con i miei interventi nel gruppo facebook “Al Festival Con Il Capitano Claudio”, creato lo scorso anno per scherzo con pochi amici e giunto ad avere molte interazioni e oltre 2000 iscritti, che ringrazio tutti per la preziosa compagnia di questi giorni…

Day 1 – Serata

Uffa, ragazzi: sarà che le aspettative erano gigantesche, ma… insomma.
“Via” all’inizio non è stata impattante, mancava energia, non è stato quel torrente che travolge tutto e dà il senso del “via”, di un viaggio, di un’avventura. E’ stata un’esibizione “estetica” con i soliti meravigliosi ballerini e quel popò di scenografia e di regia. Ma non mi è venuta voglia di dire “Grande Claudio! Portaci con te! Andiamo Via verso posti più belli e puliti!”
E poi sono sempre rimasto un po’ così… appeso… in attesa che succedesse qualcosa che non succedeva. In attesa di vedere il più grande artista contemporaneo e una delle menti più lucidi e brillanti del nostro Paese imporre il suo cambio di passo, la sua classe superiore.
Come l’anno scorso devo confermare qualche limite di “scrittura” dei testi e delle battute, che sono state troppo modeste o banali. C’è una grande ricerca di un ritmo quasi frenetico, di tappare ogni secondo di pausa e di passaggio, ma sembrano difettare le “cose da dire”. 
Il monologo di Bisio l’ho trovato obiettivamente imbarazzante. Su un tema terribile come questo si può essere seri o tacere. Non si può scherzarci su. Il testo è stato palesemente ispirato da Claudio (in questi giorni per Claudio intenderò… Claudio, mentre Bisio sarà… Bisio). Penso sia stata una concessione al concetto di “armonia” che si intendeva perseguire. Artisticamente è roba da dimenticare immediatamente. E se doveva far ridere non faceva ridere. Spero (almeno!) che abbia avuto qualche effetto sulle bestie che in questi giorni hanno scritto cose indecenti su questo tema, prendendo di mezzo Claudio e contribuendo (mi auguro!) a svelenire i toni, accettando il compromesso del “pensi a cantare” che aveva proposto il ministro dell’Interno. La ricerca dell’armonia porta a dover rinunciare ai propri spigoli. 
Bocelli, Giorgia e il grande Favino sono stati pienamente all’altezza del loro prestigio. E Claudio ha (a mio avviso) dato il meglio di sé con la commemorazione semplice e delicatissima di Fabrizio Frizzi. 
Con due grandi comici e una delle persone più divertenti e ironiche che conosca sul palco avrei voluto ridere non dico tanto… ma almeno una volta. Per stasera non è successo. Bisio e Virginia (che sono attori dalla carriera brillantissima e piena di prodezze) confermano la mia prima impressione di non essere particolarmente abili nell’improvvisazione, né con le battute e neanche con la gestualità o le smorfie. Le gag sono state ordinarie (tipo i duetti di Claudio con le giornaliste dell’anno scorso). Il numero di “Nella vecchia fattoria”, per dire, non era neanche male, ma la potevano fare anche Conti o Baudo o Bonolis. E io invece mi aspetto prodigi e originalità ad ogni passo. 
Per le canzoni in gara mi riservo qualche altro ascolto. Ma l’anno scorso Le Vibrazioni, Lo Stato Sociale, The Kolors, la Vanoni, Annalisa, la Zilli, i due vincitori e un paio di giovani mi avevano convinto al primo ascolto. Quest’anno (ho ascoltato fino a Irama) devo rimandare tutti a domani. 
Non sto seguendo Sanremo per capire il valore di Claudio. Lo conosco benissimo e non ho bisogno di un altro festival. Sono qui come tifoso di un progetto ardito e coraggiosissimo. Mi auguro che siate d’accordo con me che di tifo ne serve ancora tanto. Perché sappiamo che il grande mago può entrare in azione da un momento all’altro e trascinare alla vittoria la sua squadra, la nostra squadra.

Day 2  – Conferenza Stampa

La conferenza stampa di oggi ha rivelato ascolti molto buoni, quasi sui livelli dell’edizione 2018 (che, ve lo ricordo, era stata lanciata dall’impareggiabile forza dell’uragano-Fiorello). I “picchi” (come tutti più o meno tutti immaginavamo) sono stati raggiunti in corrispondenza dei duetti di Claudio con Bocelli Jr e Sr e con Giorgia. 
La presenza di idoli giovanili ha traghettato un bel po’ di ascolto giovane, mentre (anche se alla conferenza non l’hanno detto) si è eroso un po’ dell’ascolto “generalista” di RaiUno, la classica signora della mia età, che si è persa fra i tanti ragazzotti con nomi, chiome, tatuaggi, curriculum e abbigliamenti ostici da digerire, specialmente in orari in cui le fatiche del giorno cominciavano ad attaccare seriamente le palpebre…
La direttrice di RaiUno mi ha confermato grandissime doti di equilibrio e di correttezza nella gestione del proprio ruolo e nello spirito di gruppo con Claudio e gli altri. Mi piace molto come parla.
Devo purtroppo sottolineare che Bisio si è rivelato ancora una volta eccessivamente emozionato e ha riempito di gaffes i suoi interventi. Ha detto “W la Germania” ad una giornalista inglese (Claudio ha colto il fortunato assist correggendolo con “W l’Inghilterra”) e ha fatto una battuta disgustosa sulla disabilità di Bocelli. Si è di nuovo avventurato a parlare di politici (voleva farlo per sdrammatizzare… mi chiedo se ci sia riuscito) e ha fatto un apprezzamento poco carino sugli autori (fra i quali, lo imparo oggi, c’è anche Michele Serra). Ha ammesso di essere stato troppo emozionato, soprattutto sul monologo dedicato a Claudio e di aver fatto un sacco di gaffes (grazie, ce ne eravamo accorti…) 
Insomma, come dice il mio amico Roby quando sbaglia molte giocate di fila a carte “Come mi muovo mi muovo… pesto una mxxxa!”.
Claudio ha poi amorevolmente protetto Virginia, garantendo la bontà dei suoi numeri in programma per oggi. E noi, ricordando il favoloso duetto del 2018, vogliamo sicuramente credergli.
Forza ragazzi! andiamo andiamo andiamoooo!!!!

Day 2 – Serata

Ciao ragazzi, stasera la farò brevissima.
L’inizio è stato di quelli che piacciono a me (e, ne sono certo, anche a voi), con una bellissima e potentissima versione, quasi integrale, di “Noi No”
Poi è cominciato un varietà ben confezionato, con qualche cosa “divertentina”, ma dove ho faticato a trovare le cose memorabili, che lo scorso anno grandinavano, anche nelle serate più deboli. Le cose migliori mi sono sembrate il numero lirico di Virginia e il set di Michelle. Mengoni, Cocciante e la Mannoia fanno il loro, sono bravi e lo sappiamo. Anche Claudio che canta QPGA non ha bisogno di particolari sottolineature: è stato l’ancoraggio facile di un Festival che aveva bisogno di uno squillo. I due comici pugliesi non mi hanno divertito, ripigliandosi per il finale con Uomini Persi. In generale anche per stasera si ride la prossima sera.
Ci sarebbe anche la gara… sarò telegrafico: non mi piace nessuna delle canzoni. La meno peggio è (incredibilmente) quella dell’artista che mi piace di meno fra quelli in gara e che ho sempre considerato un “equivoco artistico”. Non importa nemmeno che specifichi chi è. Secondo me di queste canzoni non ce n’è nessuna destinata a diventare “importante” (lo scorso anno per me, ce ne furono almeno 5 o 6).
Scusate i modi bruschi. Vado a dormirci su. Buonanotte e un grande ringraziamento per la vostra affettuosa attenzione.

Day 3 – conferenza stampa

Nella conferenza stampa di oggi tutto è filato liscio, anche perché la “mina” Bisio si è limitato a un “grazie a tutti”. 
I dati hanno confermato la fisiologica diminuzione che si ha ogni anno fra la prima e la seconda serata, però è stato uno scarto minimo, che ha lasciato comunque tutti soddisfatti. Clamoroso il dato nella fascia di età dei giovanissimi e soprattutto delle giovanissime (il 62% dell’audience) e confortante quello del pubblico laureato.
Il picco di audience (oltre 14 milioni) è stato registrato durante il duetto Mannoia-Baglioni (bello, ma inferiore rispetto a quello memorabile del 2018 in cui Fiorella portò la sua grazia al termine di uno sconvolgente monologo di Favino, duettando con Claudio su “Mio fratello che guardi il mondo” – mi vengono ancora i brividi a pensarci). Il picco di share (oltre il 50%) si è avuto durante lo sketch di Claudio con i due comici pugliesi (che a me non è piaciuto, ad eccezione degli ultimi secondi).

Fra le risposte alle varie domande (sempre mediamente banali o insinuanti… mai una domanda per cercare di capire qualcosa di interessante) Claudio ha detto esplicitamente di essere interessato alla direzione di un terzo Sanremo. Mi ha intrigato la spiegazione: “per completare il lavoro sui giovani…”
E qui parto con una mia “escursione”. Non ho nessun contatto con Claudio e non potrò mai sapere se quello che penso è vero. Ma mi piace pensare che lo sia.
Abbiamo detto prima che il dato di ascolto fra i giovani è il più alto. E che i cantanti in gara esordienti o quasi esordienti sono in percentuale alta come non lo erano mai stati nella storia del Festival.

Cosa vuol dire questo? Vuol dire che Claudio ha messo la macchina del Festival in mano ai suoni che i ragazzi di oggi ascoltano e apprezzano. E non a quelli che gli “adulti” vorrebbero che loro sentissero, anche se sono belli, anche se sono quelli a cui sono così affezionati da pensare che non ne possano esistere altri; anche se sono quelli a cui Claudio stesso ha dato un contributo così importante affinché raggiungessero vette così alte.
Ha portato i ragazzini (affascinati dai suoni nuovi) a sedersi nello stesso divano dei genitori, attratti invece dai presentatori, dai comici, dai fiori, dai cantanti più esperti e da quella messa cantata che li affascina da tanti anni. E un po’ sbuffanti se i “loro” suoni sono un po’ meno rappresentati del solito.
E’ un piccolo miracolo, laico e popolare. Claudio riunisce davanti al teleschermo quel quadretto familiare che vedeva lui e i suoi genitori in salotto, con gli occhi sgranati di meraviglia, davanti a uno dei primi televisori degli Anni Cinquanta, a dare i voti ai cantanti, a costruire i mattoni del mito sanremese, all’unisono con milioni di altri salotti italiani.
Come se quel divano in cui sedersi insieme fosse un patrimonio troppo grosso per essere disperso.
Non è un obiettivo fantastico? Non è un progetto ardito e coraggioso che crea una chiave di dialogo fra generazioni che troppe volte sembrano non aver più nulla da dirsi? Non vale la pena portare pazienza davanti a qualche ragazzino dal nome, dall’acconciatura, dai tatuaggi, dai curriculum e dai sogni improbabili per dare una mano a Claudio a realizzarlo, in un Paese che ha disperato bisogno di alleanze ed armonie?
Io credo di sì. E credo che il lavoro del “dirottatore” vada misurato anche in questo senso, non solo con l’audience, con la qualità delle canzoni e degli sketch. 
Forse ognuno di noi matura nei primi anni di vita il seme di quello che poi lo spingerà per sempre a fare le cose più ardite e importanti.

Day 3 – La serata

Terza serata, ragazzi. Già una ventina di ore di televisione per uno come il sottoscritto che, di solito, una ventina di ore di tv generalista se le guarda in un mese. Ma per una volta si può fare. E per due volte (in due anni) anche!

La serata è stata aperta da “W l’Inghilterra” e anche la mondovisione non ha spaventato Claudio che ha ripresentato (non può non esserne al corrente) l’errore già evidenziato nei suoi live in cui una canzone dedicata all’Inghilterra ha i performer vestiti con i costumi caratteristici della Scozia. 
Fra i partecipanti al “dibattito” qualcuno ha parlato di “licenza geografica”, qualcun altro di “modo per esprimere l’ingenuità e l’approssimazione della cultura di quella giovane età”, altri mi hanno invitato a non formalizzarmi per “un pelo di etichetta”. Vabbè, incidente chiuso.

La conduzione rimane un problema perché la scrittura delle varie scenette e gag è troppo elementare e i “fratello sole e sorella luna” (Bisio e Virginia) sono spesso costretti a ridere delle loro stesse battute per far capire che… erano battute. E quando si tratta di improvvisare non sono a loro agio. Claudio sembra aver deciso che (anche) per questo Sanremo ci risparmierà le sue spiccatissime doti di intrattenitore, improvvisatore e battutaro di prima categoria. Rimane un po’ così, sottotono, soverchiato anche lui dall’imponenza della struttura sanremese. Chi ha partecipato ad uno qualsiasi dei suoi raduni sa che può dare molto di più.

Poi comincia la gara. Io non so come la pensate ma anche in questo secondo stock di 12 canzoni non ci trovo niente che possa sopravvivere oltre la fine del Festival stesso. Riconosco un’ottima interpretazione a Cristicchi e un testo interessante a Nino D’Angelo. Per il resto trovo che la gara sia poverissima.

Venditti è un bel colpo per noi cinquantenni. In un mio “podio” musicale ci metto gli artisti che mi hanno fatto crescere e insegnato tante cose. Claudio per primo, ma Venditti fa parte di una “seconda fascia”, che comprende anche Ligabue (che ci sarà domani), Guccini (che sarà l’oggetto dell’omaggio di Ligabue e Claudio), Renato Zero, Ruggeri e pochi altri. Quindi quando Antonello (se non sbaglio all’esordio sanremese assoluto) canta con buona grinta la magnifica “Sotto il segno dei pesci” il mio applausometro tocca il picco. Mentre si affloscia decisamente quando l’atteso derby romano Claudio-Antonello non decolla a dovere, fra impacci e cose poco provate. Ricordo un esito modesto del loro set anche a Lampedusa. Non è destino per questa bella coppia di orgogli romani.
Indecifrabile la prova di Rovazzi. Claudio (sulle orme di Morandi) si cimenta nel cantare “con questa voce qua pappàrarà”. Insomma, non è stato male.

Decisamente meglio le donne: Alessandrina Amoroso ha un cuore pulito che le spinge l’emozione al limite delle lacrime; Serena Rossi (con Claudio) ricorda a dovere la grandissima Mia Martini; e Ornella Vanoni, lucidamente autoironica, fa saltare la marcatura di Virginia, sfuggendole e soffiando una ventata di affascinante e buffa follia sul palco dell’Ariston. 
Leggo sui social la battuta che il codice per votare Patty Pravo è “quello di Hammurabi”. Però mi sembra che venne usata lo scorso anno per la stessa Ornella. Meglio quella di ieri per la Bertè di chi indicava come codice per votarla… il 118.

E finalmente oggi ho riso anch’io. Quando è arrivato il mio conterraneo Paolo Cevoli che ha esaltato Bisio nel ruolo che sa fare meglio, cioè la spalla dai tempi comici perfetti (solo Arbore e la Gialappa’s Band al suo livello, nella comicità moderna). Cevoli è dirompente e stampa in faccia una battuta classica del suo repertorio che però a me fa morire tutte le volte: “Bisio! Stai zitto! Che se volevo parlare con un coglione parlavo con uno dei miei!” (ce n’era un’altra che diceva: “Bisio! Sei stufoso! Piuttosto che stare a sentire te preferisco guardare la vernice che si siuga”…) (siuga = asciuga). Ma è stata una raffica che mi ha divertito moltissimo.

Dopo il telegiornale buon numero di Papaleo e inutilissima, ennesima esposizione di Claudio con una “E Tu” che artisticamente non aggiunge niente al Festival (come ieri accadde per QPGA) ed è solo materiale per chi contesta l’over-exposition del dirottatore.

A proposito: oggi Claudio mi è sembrato un po’ appesantito, col sorriso un po’ stanco e meno divertito. Spero non sia un effetto della valanga di veleno che si riversa sui social (e che Bisio ha provato ad irridere; era una buona idea, ma scritta male – come al solito – e recitata in modi sempre impacciati e con l’uscita sulla partecipazione alla messa che ho trovato farneticante, poco credibile e fuori contesto).
La differenza, rispetto al tempo in cui i social non esistevano, è che, una volta, se a qualcuno non piaceva il Festival, si borbottava una parolaccia, si cambiava canale, si andava a far altro o anche si stava lì a fare qualche battuta acida. Ma finiva lì… adesso la tentazione di una tastiera è troppo forte e tutto quel malanimo non si disperde nel buio della notte, ma si eccita e si esalta nei cristalli liquidi, alimentandosi ed esaltandosi incontrando nel mondo delle tre doppie vu altri vomitatori più o meno professionisti. E il malanimo di una serata televisiva che non è piaciuta diventa un campo di battaglia per gare di insulti e, non di rado, di calunnie, alcune delle quali ridicole o patetiche.

Il Festival, a mio avviso, rimane un buon Festival. Non è il prodigio che mi aspettavo. Claudio mi sembra grandioso in alcuni ruoli, ma rivedibile in altri. E fossi in lui mi esporrei un po’ meno sul palco.
Ma ormai la battaglia da combattere è questa è andremo fino in fondo così, aspettando qualche altra bella cosa. Per i bilanci ci sarà tempo da domenica.

PS: Questo gruppo ha superato le 2200 presenze. E’ diventata una bellissima comunità, una piccola cittadina trasversale all’Italia. Sono orgoglioso di averla raccolta e già dispiaciuto al pensiero, fra pochi giorni, di doverla abbandonare, perché mi ci trovo veramente bene. Grazie della vostra compagnia.

Day 4 – Conferenza Stampa

Alla conferenza stampa sostanziale “calma” sul fronte degli argomenti extra-show: la presunta polemica con il Governo e con la direttrice RAI è rientrata, non ci sono “cavalli pazzi”, non ci sono brani passibili di squalifica o di plagio, Striscia la Notizia è ormai stra-prevedibile nel suo livore e persino Staffelli con il suo tapiro monumentale (monumento a come si fa televisione di rimbalzo sul talento e sulla fatica degli altri) non ha creato più di tanto disagio.
Attenzione quindi sui numeri, che confermano un buon risultato d’ascolto, leggermente inferiore all’edizione 2018 (che fu record) e che sembra lasciare tutti soddisfatti.

La direttrice di RaiUno continua nel suo “percorso netto”: non sbaglia una dichiarazione, è precisa e determinata, ma allo stesso tempo affettuosa e riconoscente verso gli artisti che stanno nobilitando la trasmissione di punta della sua rete. Ha sempre delicatezze importanti e un parlare sobrio e corretto che contrasta con il “casino” che caratterizza ancora Bisio, che mi è parso ancora una volta confuso,a tratti infantile e incapace di dare i contenuti e la brillantezza che ci si aspetterebbe da un attore comico non solo sul palco, ma anche in una conversazione con la stampa. Poco meglio Virginia, che fa battute fuori programma di qualità troppo scarsa e scontata (“Ghemon farà il duetto con Lupin?”) per una che ha regalato la comicità femminile più brillante, raffinata e coraggiosa degli ultimi anni.

Il picco di share (52%) si è registrato durante il numero di Paolo Cevoli e sono contento sia per il mio conterraneo romagnolo, sia per Bisio, che agendo di spalla ha dato il meglio di sé
Vengono sottolineati i dati relativi allo share dei bambini fra 8 e 14 anni (48%) e quelli delle ragazze dai 14 ai 18 (oltre il 60%) Ho come il sospetto che RaiUno e lo stesso Claudio puntassero soprattutto a questo risultato, per motivi (diversi fra loro) che immagino e sui quali tornerò con una mia visione onirica nel pezzo di saluto finale al Festival.

Claudio ha ammesso di voler ancora impegnarsi a breve in televisione (bene!) e ha lasciato sospesa la domanda sul suo coinvolgimento al Festival 2020.
Buon intervento, elegante ed educato, anche del presidente della Regione Liguria Toti che ha apprezzato il lavoro degli artisti del Festival e ha chiesto (sarà sicuramente accontentato) uno spazio da dedicare alla tragedia del vicino Ponte Morandi.

Alla fine la stampa accreditata è stata ammessa ad una seconda sessione di prove all’Ariston, che l’anno scorso non fu concessa. E io rosico 🙁

Day 4 – La serata

Ri-uffa. Non sarà il mio Festival, quello che avevo sognato, quello che mi aspettavo da quando Claudio aveva accettato e che aveva avuto mesi a disposizione per costruire. Quello che si avvaleva di due fra i miei attori comici preferiti. Quello che mi doveva garantire una qualità della gara addirittura superiore a quella del 2018 che trovai altissima.
Troppo, troppo, troppo debole la scrittura delle parti dei conduttori, farcite di gag contiane e bonolisiane; e troppo deboli le proposte in gara.

Ma non importa! Rinuncio volentieri al “mio” Festival. Mi farò bastare il ricordo della settimana magica del 2018. Ci tengo invece che piaccia agli altri, che non abbia stufato, che abbia interessato e coinvolto. E mi pare, da quanto leggo e dai dati audience, che tutto questo sia riuscito. Esulto per voi. E non preoccupatevi per me. Davvero. Io mi sono comunque divertito con la vostra compagnia di questo gruppo e mi sono “nutrito” del resto: soprattutto dei grandissimi ospiti fuori gara, della regia del grande Duccio, dell’orchestra, dei vestiti di Virginia, delle ouvertures di Claudio e di qualche altro coriandolo della sua classe che ha, sia pur parsimoniosamente, lasciato sul palco dell’Ariston (o dell’ “Indesit” come l’ha chiamato ieri Cevoli)

E di una cosa sono sicuro: che Claudio abbia raggiunto l’obiettivo più oscuro e forse più importante dal punto di vista sociale e “politico”, nel senso di politica che Claudio ha saputo costruire negli anni con pazienza e cura: l’obiettivo lo definirei “Divano Italia”, che considero una specie di Alto Fattore, di Big Bang, di soffio primigenio di vita. Aspetto il sipario finale per parlarvene meglio.

Oggi ci sono stati i duetti. Ed è stato come vedere 24 ragazze bruttine (le canzoni in gara) ma vestite, ingioiellate, acconciate e truccate perfettamente. Devo incredibilmente ammettere (e stento a credere a me stesso, che non l’ho mai considerata) che ho apprezzato quello di Arisa con l’ancora affascinante Tony Hadley. La serata si è comunque avvantaggiata di personalità, talenti, voci, interpretazioni che la hanno arricchita. E pazienza per le canzoni. “Sticazzi” dicono a Roma. Recuperando degli “allergici storici” di Sanremo come Venditti e Ligabue (presenti sul palco) e come Pino Daniele (alla memoria), Guccini (evocato oggi) e Mina (camei sulla pubblicità Tim), Claudio ha praticamente completato lo sdoganamento del Festival presso la canzone d’autore, che l’aveva a lungo snobbato. A memoria mi pare che manchi ancora De Gregori e poco altro. 
Non credo che in NESSUN’ALTRA edizione del Festival si sia arrivati così vicini ad un concetto di “Tutti Qui”. Davvero c’era tutta l’Italia che canta, con una completezza nella rappresentazione dei generi che non ha precedenti.

Aspettavo il clou dell’irruzione di Ligabue, che è uno dei miei artisti preferiti, ma non credo proprio sia “animale da duetto”. Canta la sua ultima canzone (bruttina), poi impera sull’Ariston con la potenza della magnifica “Urlando contro il cielo”, ma quando è caldo a dovere e nei suoi live comincerebbe a far decollare il pubblico deve riciclarsi all’omaggio a Guccini, bello nelle intenzioni, così così nell’esecuzione. Comunque vedere Claudio e Liga nella stessa inquadratura è per me una bella soddisfazione (l’imitazione l’ho già fatta, ma non resisto: “Glaudio, guando non fai il basserotto, sei brobrio un gantante da baura…”)

A Domani. Siamo poco oltre la metà e quanto mondo ancora c’è…

Day 5 – Conferenza stampa.

La conferenza stampa di oggi ha visto “in campo” il Claudio dalla prosa migliore, quello che riconosco e preferisco. Alcuni passaggi, specialmente sul sentitissimo tema dei rapporti generazionali, sono stati belli come le sue canzoni (e ho detto tutto). Magistrale il modo di rapportarsi a giornalisti petulanti e dagli argomenti modesti e pretestuosi. E’ stato nuovamente possibilista in merito ad una sua terza direzione e ha anticipato alcune possibili novità, come l’abolizione della giuria d’onore e il contenimento delle canzoni in gara a 20 (e non più 24). Il modo come l’ha detto fa capire di come questa gara “bulimica” (che richiede attenzione e regolarità massima, “sacerdotale”, come lui stesso l’ha definita) abbia strangolato anche la loro naturalezza di performer.
Per stasera, dopo il mezzo sorriso delle prime 4 serate, sono insolitamente fiducioso…

Day 5 – L’apoteosi

Cala il sipario sul Festival. Claudio e la sua squadra, a prescindere dal risultato, hanno portato a termine una fatica fisica e mentale degna di superuomini e superdonne. Va rilevata l’assoluta eccellenza di coloro che hanno lavorato a Sanremo, dagli orchestrali, ai coristi, ai costumisti (un po’ meno gli autori e i fonici, sui quali avrei qualcosa da criticare). In questa piccola cittadina ligure, ogni anno, si svolge un’assemblea di persone che lavorano duro, di bei talenti, di grandi dedizioni, di persone che anche da una posizione di umile manovalanza danno una mano affinché tutto funzioni nel migliore dei modi.

Claudio ha chiuso da comandante, dittatore, dirottatore, coprendo tutti e tutto con lo scudo del suo prestigio e della sua personalità. Ha puntato forte sul concetto di passaggio di generazione, sulla necessità di “togliere” il festival a quella fascia di 40/70enni che se ne era impossessata in forma esclusiva, ma che lo avrebbe fatto morire di vecchiaia in poco tempo, attorcigliandolo nel ricordo di quello che fu e dei grandi personaggi che lo resero indimenticabile nei decenni scorsi.

Dopo la formidabile ouverture con “E Adesso La Pubblicità” si è sviluppata la gara con il suo bulimico numero di concorrenti (“se sarò ancora direttore mai più 24! Venti al massimo!” ha detto Claudio in conferenza) sulla quale non ho cambiato idea, purtroppo. Molti “parlati” e non sempre troppe cose interessanti o nuove o coraggiose da dire, sia pure con qualche eccezione.

Negli “anfratti” si è infilato un bell’ingresso di un affettuoso Eros Ramazzotti e soprattutto il duetto di Claudio ed Elisa su “Vedrai Vedrai” di Luigi Tenco. Penso che, proprio sul finale dell’ultimo giorno, come nei film western, siano arrivati i “nostri”: un duetto non solo coinvolgente per il brano scelto, non solo emozionante per il fascino degli artisti impegnati, ma perfetto tecnicamente, curato, provato, rifinito, preciso, come forse nessuno dei precedenti lo era stato così tanto. Claudio ed Elisa hanno dato vita al “duetto eponimo”, quello che rimarrà come mio ricordo principale di questo Festival.

Spazio per la comicità assegnato al Mago Forrest che se la cava bene, pur senza toccare i suoi massimi. Poco prima, però, Virginia aveva dato una superba prova della sua bravura imitando a raffica le più importanti cantanti italiane. Che fenomeno. E che bellissima ragazza. Ce l’ha messa tutta, l’ho ammirata molto.

Alla fine vince un certo Mahmoud, con una canzone che non mi piace. Quando ritira il premio dice una frase che lo definisce: “Non ci sto TIPO capendo più niente…”. Le modalità espressive sono cambiate per sempre. Io sono vecchio e dovrò limitarmi a subirle. Porterò pazienza se vedrò che questo potrà essere utile al quieto vivere delle generazioni.
Quieto vivere mica tanto… visto che la platea inscena un’indecente gazzarra per criticare il verdetto. Ricordo qualcosa di simile per Renato Zero, tanti anni fa. Non mi sembra che il brano della Bertè valga tanta indignazione. Sono più propenso a pensare che si sia sdoganato un presunto “diritto” a dir sempre la propria con qualsiasi mezzo e qualsiasi modalità. Un po’ di sana disciplina qualcuno dovrà incaricarsi di farla tornare di moda…

Per me, a vincere il 69° Festival di Sanremo è stato il concetto di “Divano Italia” pensato dalla mente e dal coraggio di Claudio. Ve ne parlo a parte.

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