Sardine Orgogliose

Oggi sono andato al ritrovo delle “sardine” alla Darsena di Ravenna.

Ci sono andato perché condivido i messaggi dei promotori che hanno richiamato così tante persone in tante città, al freddo, sotto la pioggia, senza che ci fosse sostanzialmente niente da fare, da guardare o da ascoltare. Una vera magia, soprattutto di questi tempi.

L’essenza della manifestazione sono stati i corpi stessi delle persone. Il loro spostarsi, radunarsi e incontrarsi. In pace. Il loro non far succedere niente. La loro sostanziale allegria e fiducia. Una politica di presenza fisica contrapposta alla banalità di quella fatta con i click sui social.

C’erano più di cinquemila persone. Tantissime, se consideriamo che per un ravennate la Darsena (che è dietro la stazione, a meno di 1 Km dalla piazza principale) è un posto dove appena arrivi devi riconfigurare l’orologio con un altro fuso orario: è considerata lontanissima e fuori da una qualsiasi idea di “passeggio”. Insomma: bisognava andarci apposta. Nessuno stava “passando di lì per caso”.

Della politica mi interessa cosa c’è nel cuore e cosa c’è nella testa di chi la fa. Questo mi basta. Come sapete non ho MAI commentato un’azione di governo, di nessun governo. A me interessa la statura morale e civica delle persone, i riferimenti culturali, le amicizie, le letture, il pantheon, perché queste sono cose che so giudicare. Non mi erigo (ergo? Ereggo? Erogo?) a tuttologo che dà lezioni di politica economica, militare, ambientale, sanitaria, ecc. Sento di saper riconoscere le persone.

Al ritrovo delle sardine ci sarei andato in ogni caso. Ma dopo aver sentito il giovane Mattia alla trasmissione di Fazio (https://www.youtube.com/watch?v=H5vGhiynhYI) non ho più avuto dubbi. E’ stato principesco nei modi, nei toni, nei concetti. E’ il figlio (o meglio il nipote) ideale della Resistenza, del Dopoguerra, della Democrazia, del Boom economico, della caduta del Muro, del post-comunismo emiliano-romagnolo. Un fuoriclasse, un campione della comunicazione, almeno per come la intendo io.

Veniamo allo svolgimento della manifestazione. Qui, umpf, insomma, qualcosa da dire ce l’ho.

Il fatto che le sardine siano giovani e vergini di politica non autorizza nessuno a non avere attenzione e rispetto per le persone che condividono il messaggio e si radunano. Una folla del genere merita parole meditate, concetti importanti.

Cominciamo dalla musica. “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla l’ho trovata perfetta. Poi De André e qui pago un mio rapporto personale non buono con questo artista. Poi We Are The World (un po’ pop, come scelta: ci sta di misura), poi una serie di canzoni sconosciute (ma si sono portati i dischi da casa???).  Poi un Romagna Mia forse un po’ pulp, molto pulp… pure troppo pulp (cit,. Rokko Smitherson).

Infine l’attesissimo “Bella Ciao”, che parte disordinato, confuso e un po’ cialtrone. Energia minima. Occasione persa. Il partigiano morto per la libertà meritava un po’ più di rispetto. Doveva essere la liturgia più potente.

Prende la parola un giovane oratore, senza presentarsi. Parla a braccio, sguaiato, con un vocabolario basic da serata di Champions League e concetti di buonismo pret a porter mixati con tentativi di intrattenimento da villaggio turistico. Non che mi aspettassi un Aldo Moro, ma così mi sembra davvero troppo poco.

Veniamo al dunque. L’autoproclamato capo-sardino dice che “il 26 gennaio sarà una data importante”.

Cosa succede il 26 gennaio??? Si va a votare! E per chi dobbiamo votare?

Il caposardino non lo dice. Dice solo che Ravenna non si Lega.

Allora lo aiuto io: il 26 gennaio si deve votare per Stefano Bonaccini

Ripeti insieme a me, capo-sardino: Ste-fa-no-Bo-nac-ci-ni.

Stefano Bonaccini è un bravo amministratore, è onesto, è democratico (non solo nel senso di appartenenza al partito democratico), è colto, preparato, tollerante, pacifista, inclusivo, ambientalista, sensibile ai più bisognosi. Come concetti ci siamo. Sono gli stessi della tua-nostra piazza.

Ma allora perché, caposardino, quando si tratta di dire “saltate tutti assieme” o “portate una sardina di cartone” le piazze si riempiono… mentre quando questa energia deve trasformarsi in partito, struttura, candidati, congressi, cariche, scelte, discussioni, votazioni, ecc… ecco che arrivano i mal di pancia, che tutti scappano, che i partiti “no, per carità”… come se la democrazia (di cui i partiti sono espressione), fosse venuta a noia a tutti, persino ai democratici. Come se un partito politico portasse fatalmente e obbligatoriamente in sé i germi del male, della corruzione, dell’intrallazzo, del flirtare con il potere, con il denaro, con i privilegi…

Caro capo-sardino: la piazza che hai riempito è bellissima, ma se non gli dai il modo di “contare”, di far valere la sua forza, rimane un esercizio di folklore; dà spettacolo solo con il suo essere e non con il suo poter contare. E il modo per contare ha un solo brutto nome: si chiama “politica”. Coraggio, caposardino, che ci vuole a ripeterlo: “po-li-ti-ca”.

Altri movimenti hanno voluto, nel recente passato, dipingersi come “non-politica”. Uno in particolare, il Movimento 5 Stelle, ha riscosso un tale successo che è stato obbligato a divenire partito, contaminandosi, così, fatalmente con quel male che voleva combattere.

Naturalmente le piazze sardine non sono quelle di Grillo. Le piazze sardine parlano di inclusione, di linguaggi, di tolleranza, di cultura, mentre la parola più riconoscibile delle piazze di Grillo fu “Vaffanculo”. E sostanzialmente lo è tuttora, anche se non è più chiaro il culo che si vorrebbe andare a fare.

Però è grave e triste che non si riesca a riportare nel normale gioco democratico – che ha reso grandi le Nazioni occidentali del Dopoguerra – il sentimento che emerge dalle piazze. E che debba essere così faticoso riconoscere che ci sono candidati da votare e candidati da non votare, candidati in cui riconoscersi (e in cui sentir rappresentate le proprie istanze) e candidati da cui rifuggire, perché estranei per identità alle voci di piazze come questa.

Mentre parla la seconda capo-sardina (si chiama Giulia, almeno si presenta, ma il tono del discorso è ancora ostentatamente infantil-incantato) penso di averne abbastanza e mi allontano. Ho incontrato tanti bei ravennati. Rimango convinto che alla Darsena oggi ci fosse la parte migliore della mia città.

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