Elezioni: i valori del Novecento contro l’alleanza fra il passato e il Duemila

Io riassumerei così la sfida elettorale degli ultimi tempi: la seconda parte del Novecento contro l’alleanza fra il Duemila e un generico “passato” che va dall’Ottocento fino all’Età della Pietra.

La seconda metà del Novecento, nel cosiddetto “Primo Mondo” (Europa Occidentale, Nordamerica e Australia ecc, con un ruolo di spicco della Regione italiana in cui abito) è il periodo più importante e felice della Storia dell’Umanità. Politicamente le parole guida di questo periodo sono state: democrazia parlamentare, alleanze internazionali, tecnologia, scienza, sviluppo, diritti civili individuali, laicità.

Negli ultimi tempi si stanno affermando (in Italia e nel mondo) opinioni e gruppi politici post-democratici. Queste opinioni sfiduciano il ruolo della democrazia parlamentare – che considerano costosa, corrotta, inutile, lenta e non rappresentativa – e fanno riferimento al solo potere del governo: “veloce” e personalizzato (quasi monarchico, per questo richiama le strutture del lontano passato), apparentemente più identificabile e controllabile e, all’occorrenza, facilmente rottamabile. I nuovi partiti sono “liquidi” a partire dai nomi, che non significano niente proprio per non dare ai propri elettori alcun vincolo ideologico.

Alle spinte internazionaliste tipiche del Novecento (la NATO, la Comunità Europea, ecc), i partiti “moderni” contrappongono il trogloditico “sovranismo”, i muri, la difesa armata dei confini, i dazi, le monete nazionali, i passaporti, gli ostacoli al movimento di merci e persone, la simpatia più o meno interessata per regimi “nemici” (es. la Russia), il disconoscimento delle alleanze più tradizionali (ad esempio la Germania e la Francia).  E la pericolosa esaltazione di appartenenze nazionali (“prima gli italiani”) e, in alcune degenerazioni, addirittura di razza

Ad un primato della cultura, dello studio, delle alte lettere, della conoscenza – tipici del Novecento e di tutti i suoi leader politici – i partiti “moderni” contrappongono una predilezione per le personalità, le doti di comunicativa, la simpatia, l’emotività, l’umanità nelle relazioni sociali, addirittura una diffidenza diffusa per la conoscenza e la cultura (svillaneggiate con termini del tipo “professoroni”) e addirittura per il potere finanziario, con una specie di postmarxismo che ha per nemico il capitalismo, definito con spregio  “delle elites” o “dei poteri forti”.

I sostenitori del Novecento, nella politica, cercavano i “migliori”, premiando col voto uomini diversi e lontani da loro per preparazione culturale, abitudini, abbigliamento, rapporti con le passioni, eccetera.

Gli elettori del Duemila cercano e votano, invece, quelli che percepiscono come simili: abbigliamenti informali, alimentazione junk, consonanza di sentimenti per passioni popolari come il calcio, la sessualità, ecc.

Alla laicità che contraddistingueva tutto il mondo evoluto (tutto, anche la DC dei suoi uomini più religiosi, come De Gasperi e Moro) i partiti “moderni” sembrano rispolverare gli aspetti più formalistici e superstiziosi della religione (crocefissi, presepi, madonne, ecc) da sventolare come ancoraggi ad un passato di presunta felicità spirituale.

La differenza fra i due schieramenti più che nell’azione di governo (che ne è però di solito una ovvia conseguenza) sta soprattutto nelle biografie individuali dei suoi protagonisti, soprattutto nei tempi precedenti o coincidenti il loro arrivo in politica (studi, amicizie, hobby, consumi, comportamenti sociali, ecc) e si riflette nello stile della comunicazione, che nei partiti “moderni” è spesso infantile, volgare e decade disinvolta nel trash e nel fake senza che senta mai la necessità, quando smascherata, di spiegazioni o scuse.

I sostenitori del Novecento sono i democratici. Sono pochi (sempre meno) e sono essi stessi in difficoltà. Ad esempio il movimento delle “Sardine”, apparentemente alleato dei democratici, si dichiara “estraneo ai partiti”, come se la contaminazione con una parte parlamentare (nel Novecento un fattore qualificante e felicemente identitario) fosse un peccato, una colpa di cui rispondere. Come se, anche ai democratici, fosse venuta a noia la democrazia (i partiti, il parlamento, i congressi, le sezioni, la rappresentanza, che ne sono il sale).

Io, tra pochi giorni, andrò a votare per i democratici. Secondo me dovreste farlo anche voi.

 

 

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