In Questa Storia che è la sua (e un po’ anche la nostra)

In questa storia che ERA la tua, caro Claudio. E poi – un giorno freddo e plumbeo di un dicembre sporco e spaventato – è diventata anche la nostra. Ancora una volta. Come sempre. Da cinquant’anni, di cui 35 da me personalmente seguiti con l’attenzione che si deve alla voce del maestro e fratello che non ho avuto e che sei diventato – e con onesti tentativi di recupero dei primi 15, da me persi per motivi tecnico-anagrafici.

Un prodigio, un’epifania che si ripete. Contemporaneamente, in ogni spigolo d’Italia, dagli impianti più sofisticati che portano il suono originale nelle cuffie degli intenditori raffinati ai telefonini da due soldi che “rubano” la magia dallo scatolone della rete. Tutti insieme, come quando c’è un gol allo stadio.

E quel racconto di una vita ha cominciato a suonare nelle nostre case. “Ho vissuto per lasciare un segno / come se non fosse mai finita…”

Deve essere una sensazione orgasmatica. Anche per chi riproduce questo miracolo da così tanti anni, sia nella modalità differita della registrazione (“io registro e, quando esce, voi ascoltate”) sia in quella diretta (“io canto e suono e voi, presenti all’evento ne ricevete un’emozione immediata”).

Claudio ha mirato al gigantesco, al memorabile, all’irraggiungibile, all’impossibile e all’impensabile.

Avrà cominciato dall’oggettività. Il nuovo disco contiene una sapienza musicale ed esecutiva che non credo abbia paragoni in Italia. Nessuno ha (e ha mai avuto) la potenzialità di fare una cosa del genere innanzitutto perché non è così bravo, ma anche per mancanza di benzina nel motore. Claudio ci ha messo a parte della nota spese: 350 mila euro. Una cifra fuori da ogni mercato e da ogni economicità. Nessuno può pensare di “rientrare” da un investimento simile in un mondo che praticamente non vende più dischi. Perché ha voluto i musicisti più bravi, il suono migliore, la tecnologia, la grafica, i coristi e tutto quello che serve per fare una Divina Commedia della musica italiana. Se lo può permettere solo chi ha da parte quei “du’ spicci” di una carriera splendente e quella volontà di puntarli tutti su un potenziale  ultimo giro di giostra (del doman non v’è, ahimè, certezza), sul kolossal con i titoli di coda, sul prodigio artistico che dovrà chiudere una storia e aprire una leggenda.

Claudio chiude un cerchio di vita aperto in una periferia romana, in un subaffitto che sudava, davanti ad una scatola magica che trasmetteva il Festival di Sanremo, sogno di innocente evasione per un brigadiere dei carabinieri, una sarta e il tenero frutto del loro amore. “Potrei farlo anch’io, Vendi radio anni 50 in 37014 Lazise for €80.00 for sale | Shpockpotrei essere anch’io dall’altra parte del microfono, a farvi divertire e sognare! Potrebbe essere la musica a darmi un’identità, a togliere il grigio da una cameretta troppo uguale a tutte le altre nei palazzoni di Centocelle. Potrei, con le canzoni, raccogliere il rispetto dei ragazzi e l’attenzione delle ragazze. Potrei incartare con la mia fantasia e le mie note il racconto delle mie inquietudini di ragazzo”.

Come sia andata lo sappiamo. Il cantantino dei rossori degli anni verdi ha assimilato ogni coriandolo di conoscenza e di saggezza che il suo fortunato percorso artistico e di vita gli ha permesso di raccogliere. Ha studiato sempre, fino ad oggi (si noti, ad esempio, la ricerca sulla sua stessa voce, strumento magico, giunta in quest’ultimo lavoro a sonorità irreali), correndo un vento mai pago di quello che poteva facilmente ottenere, ma mirando sempre al di più, al fondo, al più su, al più in alto e all’oltre.

Ha saputo dare parole intelligenti e costruttive alla modernità, ha sfondato i muri dell’impossibile (cantare in Vaticano, mettere la piccola e misconosciuta Lampedusa al centro di un’attenzione felice, mettere a soqquadro la liturgia del Festival di Sanremo, trascinare il suo popolo festante all’invasione pionieristica di luoghi storici e archeologici e mille e più altri incantesimi).

Una corsa, un’avventura fantastica e fortunata che ne ha fatto uno dei più ascoltati e stimati intellettuali del nostro tempo.

E ora il cerchio si chiude in un punto che è il massimo vertice (per la qualità tecnica del “manufatto”) e, al contempo, è il colpo di spugna a tutto il percorso. Il “mondo” e l’attualità non ci sono più. Nelle parole e nei messaggi di questo disco non ci sono più guerre, ambiente, migrazioni, terrorismo, calcio, droga, economia, tecnologia, viaggi, natura… E tantomeno virus.

Si torna al punto di partenza. L’interrogazione più spietata sull’essenza dell’esistenza. La nascita, la morte, l’amore, la famiglia, la vita. Perché se non facciamo pace con questi elementi primordiali, l’inquietudine non ci abbandonerà mai, rovinandoci l’esperienza terrena. Meno Carducci, meno Pasolini, meno Dante, meno Manzoni (personaggi dei quali, non di rado, era stato a vario titolo all’altezza). Stavolta più Foscolo e Leopardi. Solo cielo per vestito e malattia dell’infinito. Un cerchio che si chiude e dissemina, come perle nascoste, infinite auto-citazioni (che solo i baglioniani più assidui e devoti potranno cogliere, e probabilmente nemmeno tutte) di ciò che è stata la magica parabola artistica di questo cinquantennio. Cinquant’anni di “tattattà” come minimizza Claudio nell’ultimo brano, irridendo l’arte povera della canzone su cui ha costruito la sua fortuna.

Stavolta sarà diverso. Stavolta non potrò imparare tutti i testi a memoria, sia perché la mia “ram” è completa, sia perché, con atto deliberato, Claudio ha sabotato questa possibilità, componendo in modo difficilissimo (in “Oltre” si era impegnato, ma il suo popolo lo aveva raggiunto anche li) fluviale e imprendibile, persino per una canticchiata nel bagno. No, stavolta canta solo. Ci sono dati solo il privilegio e la fortuna di ascoltare. E poi? Ci sarà dell’altro? Che ne sarà dell’attesa di un nuovo disco che ci fa compagnia da decenni?

Perché c’è un nemico che si può combattere a tempo di musica, ma è lui soltanto a vincere sempre.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

(U.Foscolo)

 

TEMPO SUPPLEMENTARE

…che poi il Tempo è il grande avversario, l’ultimo rimasto dopo aver battuto tutti gli altri. Claudio si sente in possesso di una mente e di una macchina per la musica di potere illimitato, superiore a quella che ha avuto a disposizione in tutti gli anni, pur gloriosi, che ha vissuto.
Oggi fa canzoni come nessun altro (e lo sa), ma si trova nella sensazione di fare “sempre la stessa canzone”. Perché questa strepitosa maturità artistica lo trova ancora “giovane” e in grande condizione fisica, ma costretto – da un tempo di vita che si asciuga – a raccontare di una sola vita, di un finito numero di amori, di due soli genitori, di un solo figlio, di una sola gioventù povera, di una sola breve esistenza da “non famoso”, ecc.
Vorrebbe mettere questa sua potenza e questa sua inesausta gioventù al servizio del racconto di altre donne amate (o, perché no? di altri uomini), di un’altra nazionalità, di un’altra origine, di un altro inizio di avventura, di altre fortune e di altri insuccessi. Vorrebbe trovare un tecnico del suono che non si chiamasse Lai, un altro discografico che lo bocciasse, un altro pubblico che lo fischiasse, un’altra morte che lo spaventasse per strada come un brigante bianco, abitare un altro corpo, generare altri figli, conoscere altre lingue ecc.
Ma non ce ne sarà il TEMPO. Una consapevolezza terribile per chi sa di avere mente e fisico per fabbricare mille altri incantesimi, ma la prigione di una sola vita da vivere e una sola canzone da cantare.
Bisognerebbe raccogliere firme per farlo rinascere altrove, per potergli far cantare un altro tempo. Ma il regolamento parla chiaro. Rimane la consolazione dell’eternità. Di una storia che è già nella Storia. Di quanta altra arte e quanti buoni pensieri si creeranno nel tempo futuro grazie a lui.

3 Comments

  • Piera Forlivesi ha detto:

    Marco letto due volte sei straordinario ciao

  • Paolo Raggini ha detto:

    Dopo Oltre tutto il resto può raggiungere purtroppo solo la sufficienza . Forse dovrebbe cambiare arrangiamenti, forse fare un giro al’estero. Cambiare compagnia ma questo è un pensiero personale.

  • Saulo stampa ha detto:

    Articolo con riflessioni incredibili. Bravo funzionario. Ho sentito la canzone che mi hai fatto conoscere e ti dirò che sono rimasto piacevolmente sorpreso. Certo io apprezzo più il passato ma questo è un mio pensiero.

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