Non andrà tutto bene
Non andrà tutto bene, temo. Perché il problema non si risolverà né col vaccino né con l’auspicabile fine dell’emergenza sanitaria (che, in quanto emergenza, è stata tale per pochi, dei 16 mesi fin qui trascorsi).
Questa vicenda– dal primo giorno – ha preso le evidenti forme di un assolutismo confessionale ideologico, esoterico e intollerante. L’obiettivo non era la salute pubblica (messa a repentaglio da infinite altre minacce, senza che questo susciti un corrispondente allarme sociale), né la vaccinazione di massa, né gli spettacolari utili che andranno a favore degli oligarchi delle punturine e delle mascherine. Per quanto potentissimi, questi ultimi non avrebbero potuto imporre così facilmente il loro volere e il loro ricatto.
Per la riuscita del diabolico piano era necessaria la complicità della parte più intima dei cervelli, dei corpi e di quello che resta dei cuori delle persone di tutto il mondo, protagoniste di una rivoluzione antropologica, in divenire da tempo, che la vicenda sanitaria ha permesso di velocizzare e radicalizzare.
In pochi mesi l’Umanità è saltata 5 anni avanti, con una infantile smania di crescita tipica dei tredicenni che anelano frequentare il mondo dei “grandi”.
Cosa ci sarebbe stato fra 5 anni e che abbiamo voluto subito? E che cosa non ci sarebbe stato più fra 5 anni che vogliamo togliere di mezzo già da adesso?
Il dato più vistoso è il distanziamento, la frammentazione della vicinanza fisica fra le persone e del contatto umano. Le persone (in particolare se sconosciute le une alle altre) vogliono intimamente stare più lontane fra loro. Come detto era un percorso già in divenire: le famiglie composte da un solo componente, la linea gialla, la distanza di sicurezza, la riduzione delle massime capienze nei luoghi pubblici, i preservativi, i guantini per la frutta, il numeretto dal dottore, gli accessi contingentati… tutte cose che, giustamente o meno, frappongono distanze fra umani che mai erano esistite nei millenni precedenti.
“Ti avvicini solo se ti autorizzo” è il messaggio che esce dal post-umano mascherato col mito dell’ultra individualismo, dei “cazzi miei” e del culto unico della propria pavida sopravvivenza biologica.
L’essere umano diviene totalmente solo, con la compagnia del suo corpo da masturbare, del suo portafogli, del suo schermo di connessione col mondo, in cui può filtrare adeguatamente la presenza di altri umani, scartando con un clik quelli che non gli interessano.
Tali comportamenti erano già presenti in numerosi soggetti. Ma i retaggi del vecchio mondo erano talmente forti che la loro classificazione non era “postmoderni”, ma “poveri sfigati” che si perdevano le cose migliori della vita: gli incontri, gli abbracci, la socialità, la condivisione fisica di massa, le aggregazioni, ecc.
La velocità con cui un nuovo modo di pensare la vita ci ha sedotti (si pensi alla compulsiva consultazione del telefono, apportatore di contenuti infinitamente più interessanti, rispetto a quelli offerti random dall’ambiente fisico circostante) richiedeva una rapida ridefinizione delle regole sociali. Banale esempio: quello che cammina sempre con la testa bassa sul telefonino “deve” rapidamente passare nella considerazione diffusa da “rincoglionito” a “soggetto consapevole che si informa e valorizza il proprio tempo”.
E non si parla solo di abitudini individuali: in quasi tutto il mondo occidentale i meccanismi democratici sono venuti a noia. L’aggregazione in partiti, le elezioni, la rappresentanza, i congressi, il sindacato (che la polverizzazione dei luoghi di lavoro mette completamente all’angolo), hanno dinamiche lente che non si adattano ad una modernità che richiede decisioni rapidissime, quotidiane o più che quotidiane. La barbosa ritualità della rappresentanza evidenzia i suoi limiti e induce a decisionismi oligarchici o addirittura individuali, nella peggior tradizione delle dittature assolutiste che pensavamo di aver seppellito per sempre, fino all’odierno ritorno in grande stile di censura, apartheid, stato di polizia, violazione delle libertà, ecc.
Un popolo che ha paura e fretta bada al sodo e non tollera opposizione. Nel 2021 l’Umanità ha consegnato i propri destini al biocontrollo sanitario dei corpi, con la fila devota e scodinzolante verso il liquido iniettato ogni anno per tutta la vita (non pensiate che si tratti di una vicenda legata al solo 2021 o al solo Covid) da aziende multinazionali potentissime (più potenti degli organismi statali che dovrebbero controllarne l’opera) di cui sono ben noti gli “scrupoli” etici e sanitari; con il fastidio delle elezioni risolto votando partiti folkloristici che depotenziano la funzione della politica (si pensi che l’attuale ministro degli Esteri è Di Maio e quello della Sanità è Speranza; per quanto scarsi i precedenti non si era mai arrivati a questo orrore). La partecipazione politica, un tempo demandata a sezioni, comizi, congressi, militanza ecc è trasformata in una faccenda di like e di faccine.
Ci sono resistenze a questo tsunami di modernizzazione?
Sì, alcune.
Credo che quella più forte, almeno in Italia, sia il calcio. Solo il calcio, in questi 16 assurdi mesi, ha avuto più volte la forza di strappare il velo delle finzioni e delle ipocrisie, di scoprire un Re Nudo di mascherine inutili e di relazioni inesistenti fra aggregazione di umani all’aperto e sviluppo della malattia. Lo ha fatto per le poche ore necessarie a celebrare i propri riti, poi è tornato disciplinatamente imbavagliato e distanziato a celebrare la messa laica del leviatano sanitario, accettando di dimenticare subito la finzione che aveva appena smascherato. Ma lo ha fatto. E minaccia di tornare a farlo. Viene limitato e depotenziato con un po’ di mascherine del cazzo sparpagliate a casaccio fra riserve, arbitri e telecronisti. Ma è un pericolo, una spina di verità continuamente conficcata sul fianco del nuovo ordine terapeutico. Più semplice la destrutturazione degli altri sport: senza il consenso di ampie masse plaudenti il siluro a pallavolo, atletica, nuoto ecc sarà semplicissimo da sganciare.
Ce ne sono altre. Un’altra è la scuola. Il Nuovo Ordine non tollera uno strumento di aggregazione e un ancoraggio mentale e fisico così profondo come un’aula scolastica piena di ragazzi che si guardano e che si toccano, costruendo un’identità di gruppo che è caposaldo educativo e formativo di ciascuno di noi in chiave collettiva e aggregante: il sabotaggio con la dad, i banchi orrendamente distanziati, le livide e oscene mascherine imposte a bambini che non possono ammalarsi (sperate di vincere, perché se perderete pagherete carissimo quello che avete fatto ai bambini). I ragazzi sono già moderatamente rincoglioniti dalla seduzione di un mondo di soli contatti web e video, ma le resistenze permangono forti. Questi cazzi di bambini e di ragazzi vogliono stare insieme, vogliono parlarsi e toccarsi e una certa cultura passatista tende a autorizzarli benevolmente a fare tutto questo e, anzi, a considerare questo il “sale” della vita. Ci vorrà un po’ di tempo, dovranno lavorarci su.
Più debole l’opposizione di arte, cultura, letteratura: gli intellettuali (scrittori, giornalisti, filosofi) hanno tradito subito e in massa la causa umana e si sono disciplinatamente mascherati da deficienti, sperando (forse) di guadagnare crediti per un nuovo mondo la cui affermazione è considerata inevitabile. Resiste un po’ di più la musica che è l’arte che richiede associazioni umane più numerose e fidelizzate. Le vecchie star del pop hanno fatto abbondante opera suicida di sudditanza al leviatano sanitario, perdendo la loro identità di incontro con le grandi folle nei grandi spazi e sperando di rimediare qualche soldo per la pensione con la trasformazione on line della loro celebrata arte. I giovani, invece, sono già “nati” come youtuber e diffusori digitali della loro arte. Non sanno nulla di cosa vuol dire un popolo che si incontra e si abbraccia nel loro nome. Si adegueranno in fretta e un San Siro pieno potranno solo sognarlo o riprodurlo graficamente nelle app
Speravo qualcosa di più dai ragazzi, dalla loro voglia di associazionismo, di discoteche, di viaggi avventurosi e cosmopoliti, di scorribande sessuali… niente… mascherina e visite guidate sul web del Prado o dell’Hermitage o della Cappella Sistina e playstation online con avversari australiani. Prendere un treno o buttare quattro borse nel portabagagli di un amico e partire senza una meta, vagabondare da un locale all’altro alla ricerca di incontri è diventato uno sbatti da vecchi.
Per ultimo rimane la famiglia, un ancoraggio talmente forte da essere concorrenziale e spesso dominante rispetto alle norme della nuova modernità. Qui la sfida è più ardua, ma il passaggio a genitore1 e genitore2 può essere una vittoria significativa lungo questo percorso.
Io non ci sto. O qualcuno molla la presa o si va all’armageddon.