Verona 1988 – Verona 2022
Dal 5 marzo al 25 ottobre del 1988 ho risieduto nella bellissima città (quante meraviglie che ci sono in Italia…) che ho rivisitato oggi. Ci ero già ritornato varie altre volte, ma solo stavolta mi sono fatto prendere dai revival che divido in varie parti, per chi avrà la bontà di seguirmi…
Verona 1988 – 2022. Parte 1: La Caserma.
La mia “residenza” era in Via Carmelitani Scalzi. Prestavo servizio di leva in una piccola caserma della Nato, a pochi passi dal centro. Seppi molto tempo dopo che, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu un carcere della Repubblica di Salò e ospitò le ultime notti del ministro degli esteri Galeazzo Ciano, prima che suo suocero, Benito Mussolini, lo facesse fucilare alla schiena per alto tradimento.
A me è andata meglio, ma ho un pessimo ricordo di quei mesi. Noia, alienazione, assurdità. Nelle ultime settimane mi fecero compagnia televisiva le Olimpiadi di Seul. Contavo i giorni e me ne andai senza davvero nessuna esperienza significativa da portarmi a casa. Oggi, per la prima volta, ho rivisto quel luogo senza provare alcuna emozione. Penso non sia più una caserma, anche se rimangono le insegne di territorio militare.
Verona 1988 – 2022. Parte 2: I portoni e Piazza Bra.
La prima sera di libera uscita mi consigliarono un giro in centro. Io avevo 21 anni, venivo da una città di provincia (pur ricca di sfarzose basiliche) e avevo già visto un po’ di mondo. Però lo shock del passaggio da questo imponente accesso alla piazza mi emozionò moltissimo. Da allora penso che Piazza Bra, anche grazie ai suoi portoni, possa competere per entrare fra le 5 più belle d’Italia, sfidando anche quelle romane più rinomate.
Ai portoni della Bra è legato uno dei pochi aneddoti che ricordo di quei mesi. Era un pomeriggio domenicale bollente come lo è stato quello di oggi. Passeggiavo senza una meta e, come sempre, mi volevo godere il passaggio su Piazza Bra. In giro non c’era assolutamente nessuno. Deserto totale. Asfalto arroventato. D’un tratto, presso i portoni della Bra, mi viene incontro una creatura femmina di bellezza assurda (chissà se la giovane età e le privazioni della leva arrotondarono per eccesso quel giudizio). Eravamo solo io e lei in tutta la piazza, in tutta Verona, in tutto il mondo. Il tempo si fermò. Era un incontro troppo incredibile. Avevo poche chance di poterla interessare, ma decisi di giocarmele, non avendo granché da perdere. Improvvisai un dialogo che rimase un unicum, un abbordaggio che non ho mai più ripetuto.
“Scusa, mi potresti dare un’informazione?”
“Sì, quale?”
“Ah, non importa. Dammene una qualsiasi”
La ragazza mi dedicò una risata fragorosa e bellissima. Mi fece con dolcezza un gesto come dire “Vacci solo a quel paese” e riprese la sua strada continuando a ridere. Fui contento di averla almeno divertita
La seguii con lo sguardo fino a che la vidi raggiungere un lontanissimo gruppetto di amici dal quale, con il braccio, indicava il luogo del nostro incontro. Evidentemente lo stava raccontando…
Fine. Dai, cosa pensavate? Fu un avventura breve e innocente. Finì lì. Bella però.
Verona 1988 – 2022. Parte 3. L’Arena
L’Arena di Verona domina Piazza Bra. Oggi il passeggio è ancora più smaltato ed elegante di quanto non lo fosse 34 anni fa (e già lo era parecchio). Durante quegli 8 mesi cercai di frequentare qualche evento culturale: andai ad un concerto di De Gregori, ad un incontro pubblico con Mario Capanna, ad una rappresentazione teatrale shekspiriana. Nell’Arena, però, non riuscivo ad entrare.
Venni a sapere che all’Arena si sarebbe giocata un’incredibile partita di pallavolo, il mio sport: Usa contro Urss, le due squadre più forti del mondo in un luogo mai usato per lo sport!
Mi presentai dal sottotenente Ruggeri: “Mi stia a sentire: mi metta di guardia, mi punisca, faccia quello che le pare ma io quella sera devo andare a vedere quella partita!”
Il romano Ruggeri abbozzò. “Vabbè Ortolà, me ‘nformo. Je faccio sapè”
Il giorno dopo Ruggeri mi fa chiamare: “Ortolà, questo è il permesso per rientrare più tardi la sera della partita. Però ce stanno du’ probblemi. Er primo è che questi so’ 20 bijetti e lei deve trovare altrettanti militari che vengano”. “Facile!” rispondo subito (i militari, pur di uscire e far tardi, sarebbero andati anche ad un corso di cucito).
“Er secondo probblema… come dire… lei me dovrebbe scrive’ un articolo su questo avvenimento. Ma se nun se la sente la aiuto io… nun se preoccupi…”. “
Nun se preoccupi lei, tenè! Ce penso io!”.
La partita fu straordinaria: in campo c’erano Kiraly, Timmons, Pancenko (questi tre poi vennero a giocare a Ravenna poco tempo dopo!!!), Sapega, Powers, Buriakin… I miei idoli. Scrissi un articolo impostandolo sul contributo che poteva dare lo sport alla pace nel mondo (eravamo reduci da due boicottaggi olimpici incrociati).
Er tenente Ruggeri disse “Vabbè Ortolà, se l’è cavata. Questi so’ 5 giorni de licenza”.
Verona 1988 – Verona 2022. Parte 4: Claudio
Nel periodo di leva questo fantastico artista era già diventato un mio riferimento. Facevo passare le lunghe ore di guardia ripetendomi i testi delle sue canzoni. In quei mesi non venne mai a Verona e, a mia memoria, in assoluto non fece alcun altro spettacolo se non la partecipazione per l’Italia all’evento internazionale itinerante Human Rights Now, che aveva in Springsteen e Sting le due star più acclamate e si arricchiva di un artista del Paese ospitante. Dopo i rifiuti di Vasco Rossi e Zucchero, venne scelto Claudio che accettò.
Lo spettacolo si tenne allo Stadio Comunale di Torino. Cercai di parteciparvi, ma le limitazioni della leva e la difficoltà delle organizzazioni del tempo mi bloccarono. Attesi con ansia l’uscita della Stampa, il giornale di Torino, e cercai subito la cronaca dell’evento. Fui molto dispiaciuto e innervosito quando seppi che Claudio era stato duramente contestato (l’unica volta nel corso della sua luminosa carriera) da un pubblico fintamente “ideologico” che non lo riteneva all’altezza culturale e morale dei messaggi sociali che quello spettacolo portava (approssimazioni del tipo “cosa c’entrano i passerotti e le magliette fini con i diritti umani?”).
Nell’ardore dei vent’anni e con un fucile (per quanto scarico) a tracolla, ebbi il superomismo di pensare che, se ci fossi stato io, sarei intervenuto, avrei potuto proteggere la regolarità della sua esibizione, li avrei fatti smettere, in un modo o nell’altro…
Claudio rimase molto colpito da quella contestazione. Uscì di scena per anni per rientrarvi solo con un disco soprannaturale (“Oltre”) e con un concerto evento allo Stadio Flaminio di Roma al quale partecipai e dove campeggiava uno striscione eloquente “Torino è lontana, Roma ti ama”.
Oggi Claudio è stato per l’ennesima volta superbo dinanzi ad una folla traboccante e felice. E l’aria antica di quel magnifico anfiteatro si è riempita delle straordinarie emozioni che sa offrire questo maestro e fratello che, almeno lui, non tradisce mai.
PS: i meteo-virologi avevan messo pioggia… si son sbagliati…
Sarebbe stata pioggia benedetta, vista l’arsura e la siccità di questi mesi. Benedetta, forse, s’è vista. La pioggia no.
Qualcuno è venuto al concerto con l’ombrello, qualcun altro con quella roba che si mette davanti alla bocca. Quando non si crede più in niente, finisce che si crede a tutto.