Una giornata bella come una poesia
UNA GIORNATA BELLA COME POESIA
Pensieri romagnoli intorno all’ultimo saluto di Bagnacavallo al grande Ivano
(da Il Resto del Carlino del 30/3/2023)
Le forze dell’ordine sono schierate con discrezione, ai bordi della piazzetta davanti all’ex convento di San Francesco. La piccola Bagnacavallo rimane ordinata nell’omaggio al suo illustre concittadino. Non c’è, insomma, il problema del traffico. Il “tch-raffico“, come pronunciava il siciliano di Johnny Stecchino, che diede la prima popolarità cinematografica a Ivano Marescotti. I j’è propi tott. La buona gente di paese che parla sottovoce e si toglie il cappello, avvicinandosi alla bara.
C’è anche qualche faccia straniera, del resto Ivano era cresciuto nel mito dell’internazionalismo. Qualche ragazzo dalla pelle scura. Poi magari arriverà qualche occhio a mandorla. Cinìs? Giapunìs? Tanto j’è tott pracìs.
Ci sarà, nascosto da qualche parte, l’esaminatore di Carpi che gli fece il primo provino, impegnandolo sul celebre passo dell’Amleto. “Esciere o non Esciere? – declamò il giovane Marescotti, marcando le “s” da buon romagnolo – questo è il problema!“. “Sì, è un problema” disse gelido l’esaminatore, riprendendosi il foglio, congedandolo e rinviando di qualche tempo il suo arrivo sulle scene. Peraltro Ivano, in ricordo probabilmente di quel primo incidente, si “vendicherà”, mettendo in scena proprio un Amleto, pronunciato elegantemente con la corretta “e” aperta, così ostica per i romagnoli.
Tanti romagnoli si avvicendano intorno alla bara. Romagnoli? E chi sarebbero, poi, i veri romagnoli? Gli imolesi no, perché sono sotto Bologna, i riminesi sono vicini alle Marche, i ravennati sono ghignosi… i villanovesi! quelli sì che sono romagnoli. Ma solo quelli della via Superiore. E poi neanche tutti.
C’è il comandante della stazione dei carabinieri, volontario al picchetto. E poco lontano un altro picchetto lo montano i partigiani dell’Anpi, nel ricordo dei valori della Resistenza, che Marescotti teneva come saldo riferimento.
È una giornata tiepida e piena di sole. Bella come una poesia. Anzi, acsè bèla ch’la ‘n pê gnénca una puiseja. Perché il grande pubblico ha una diffidenza per la poesia che risale alla noia scolastica e Ivano si è speso per cambiarne l’opinione, grazie soprattutto ai testi di Raffaello Baldini.
Passano le ore. “Ch’or e’l? A voj savé l’ora pracisa!!!“. L’è terd! Ma possiamo stare un altro po’. E’ così bello scambiarsi i ricordi preziosi e personali che ogni visitatore sembra avere. “A i son nekamè… nekamè!” Con la K. Per trasformare l’ “anch’io” romagnolo nella parola di sapore esotico che divenne il marchio delle sue produzioni teatrali.
L’onda d’affetto, al culmine di giorni faticosi ed emozionanti, travolge la dolce Erika che singhiozza: “Tutta questa gente mi fa capire ancora meglio quanto sono stata fortunata”.
Va là Ivano. Ne hai fatte e dette tante. Hai dato anche del “patàca” al tuo amatissimo Dante. E adesso che ci hai lasciati qui, zitti tutti, con i nostri “ucèl nuv” bagnati di pianto, ti vorremmo dire che sè, a nô u s tira propi e cul! E dimondi!
Io non ho conosciuto un romagnolo più romagnolo del grande Ivano. Le prime veraci espessioni in dialetto romagnolo, per me Napoletano di Ravenna, le ho imparate a teatro proprio da lui, circa 30 anni fa… Grazie Ivano e grazie Marco per il tuo bellissimo articolo di commiato!👍🏼
sci scente che l’hai scritto col cuore. Mi viene sempre in mente quando, alla presentazione del mio libro sull’estremo viaggio di Dante alla Casa Matha, avevi gli occhi che ti brillavano quando hai introdotto Ivano con la frase: ” Orgoglio di Romagna”.