Elezioni 2024

Domenica si vota per le elezioni regionali. Vi racconto la storia delle mie partecipazioni al voto.
In giovane età, per convinzione e per tradizione di famiglia, ho votato per la cosiddetta “sinistra”.
Nei primi anni Novanta, quando Berlusconi vinse le elezioni, mi resi conto che il gioco democratico – nobile protagonista dei primi 50 anni di repubblica e democrazia in Italia – era finito, spazzato via dall’azione dei giudici di Mani Pulite e dal forte consenso popolare che soffiava a loro favore. Si era entrati in un’altra fase e, da allora, non ho più partecipato alle elezioni politiche e non mi sono più interessato di chi “vinceva”. Con un’unica eccezione: nel 2006 Walter Veltroni fondò il PD e pensai-sperai che l’alleanza fra i partiti popolari che avevano dominato il Novecento, portasse la restaurazione, il ritorno al potere dei partiti e della democrazia partecipata. Ma vinse nuovamente il populismo di Berlusconi, gli italiani scelsero il loro destino e il sogno svanì per sempre.
Continuai, invece, a votare nelle elezioni locali e soprattutto in quelle comunali. In una piccola città come Ravenna si ha una piena conoscenza dei candidati, delle loro abitudini, studi, frequentazioni, tenore di vita personale, di eventuali vizi o difetti. Ho sempre votato per il candidato della cosiddetta “sinistra” non tanto per una ragione ideologica (è ormai tramontata ogni differenza), quanto perché a Ravenna è sempre stato un candidato inclusivo, gradito all’elettorato di lavoratori ereditato dalla vecchia tradizione, ma anche alla borghesia cittadina, alla Chiesa, ai negozianti, al volontariato, ecc. Ed era espressione di un gruppo di potere, di una macchina organizzata, di lavoratori della politica, di professionisti dell’amministrazione pubblica esperti, dinamici, sufficientemente capaci (inutile sperare nei Moro, nei Kennedy, nei Mandela, nei Gorbaciov: si deve fare con quello che c’è), sufficientemente onesti, capaci di ascoltare e con una radice democratica (almeno una radice) per quello che ancora rimane di quei valori.
Per capirci, il tipo di persona che vorrei con la fascia di sindaco quando succedono disastri ecologici come gli ultimi che ci hanno colpito.
Quindi ho votato 2 volte per Mercatali, 2 volte per Matteucci, 1 volta per Errani, 1 volta per Bonaccini e 1 volta per De Pascale.
Tutto questo fino al 2020, quando il sindaco De Pascale è stato travolto, come tanti, dall’ondata fascista, oscurantista e distopica della cosiddetta pandemia, divenendone fiero protagonista e convinto esecutore, ben oltre gli obblighi imposti dall’alto.
Pur riconoscendo il suo valore di amministratore (fu efficiente anche nell’applicare il fascismo sanitario) rimasi col dubbio: si trattava di un “ci è” (convinto delle bestialità che diceva e faceva) o di un “ci fa” (un cinico manovratore dell’esistente per ottenere consenso e tornaconti politici)? Ma non cambiava di tanto la sostanza.
Alle elezioni per il suo secondo mandato (2021) tornai alle urne per votare per un ragazzo che provava a difendere la ragione e la verità sulla vicenda che aveva impattato così forte sulle nostre vite. Era un improvvisato, totalmente privo (presumo) dello spessore necessario per diventare uomo di comando e totalmente privo di una squadra affidabile per gestire il potere cittadino. Prima delle elezioni gli scrissi “Ti voto, ma spero che tu non vinca”. Prese pochissimi voti.
Il partitone mascherato e siringato di De Pascale stravinse e il sindaco proseguì la sua irresistibile ascesa verso incarichi più prestigiosi, verso il salotto di Vespa, verso la trafila del “potere”.
Adesso ritrovo De Pascale candidato alla presidenza di regione. In altri momenti sarei stato lieto di poter votare per un candidato che conosco e stimo. Ma sto ancora troppo troppo troppo male pensando a quello che mi è successo e che lui ha contribuito a determinare. La matita non ce la fa a fare quella croce. Nemmeno sapendo che nella sua squadra c’è l’amica Michela Guerra, donna di clamoroso valore intellettuale, etico e morale che davvero non capisco come trovi fegato a sufficienza per impantanarsi in queste vicende politico-elettorali. Sarà un piacere, in caso di sua elezione, sapere che qualche foglio di carta decisivo per l’amministrazione della Regione passerà anche dalle sue mani e dalle sue firme.
Ci sarebbe un’unica possibilità per convincermi a votare:  Ricevere una telefonata o un messaggio del sindaco contenente queste parole: “Riconosco di aver compiuto errori gravi nella comprensione del cosiddetto fenomeno pandemico. Mi pento di aver fatto sgomberare dalla polizia una manifestazione pacifica perché i manifestanti non avevano la mascherina e venivano da altre regioni. Mi pento di aver contribuito alla persecuzione del nobile concittadino medico Luca Graziani. Mi pento di aver dato ascolto unicamente ai medici che davano voce alla narrazione di regime, senza valutare possibili altre verità. Mi pento di aver fatto chiudere al pubblico giardini, spiagge e altre oasi di benessere e salute. Mi pento di aver dileggiato, insultato, delegittimato, schernito, emarginato, persone (fra cui Ortolani) per il solo reato ideologico di una diversa visione dei fatti. Potevo capire subito, ma non ho capito o ho finto di non capire. E mi dispiace”.
Quindi presumo che, anche questa volta, non andrò a votare 🙂
A proposito: dovesse capitare di chiedere scusa anche a qualcuno dei tanti altri che mi hanno insultato… beh, sono qui. Finora, a parte qualche mezza parola, non si è fatto sentire nessuno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *